Il Monash University Prato Centre è la sede che l’omonima università australiana ha attivato, da oltre 20 anni, nella piccola città toscana.
Quando la Monash ha avviato il progetto, il 17 settembre 2001, ha scelto per la sua sede un palazzo storico del centro di Prato - Palazzo Vaj -, gettando le basi per un programma visionario e di lungo termine: quello di stabilire connessioni e collaborazioni con partner e università europei e di tutto il mondo, per formare studenti e condurre progetti di ricerca.
Nel luglio del 2012, a Cecilia Hewlett, che aveva giocato un ruolo importante nell’istituzione della sede pratese, è stato affidato il ruolo di direttrice del centro, con l’obiettivo di rendere il programma accademico ancora più rilevante.
Grazie alla competenza dimostrata e ai risultati conseguiti, Hewlett viene nominata, nell’agosto del 2020, Pro Vice-Chancellor (Prato Centre and Global Network Development), con il compito di rappresentare la Monash University davanti alle istituzioni e alle aziende italiane, continuando ad espandere le collaborazioni a livello italiano, europeo e globale.
A giugno del 2022, la sede di Prato si è finalmente rianimata grazie alla presenza dei primi studenti arrivati dopo i due anni di chiusura, dovuti alla pandemia.
“È stato bellissimo tornare a Prato e vedere di nuovo i ragazzi nel nostro Centro. Certo è stato complicato, soprattutto con i primi gruppi, gestire la nuova situazione post pandemica, le regole cambiavano continuamente.
Inoltre, abbiamo fatto il possibile per limitare i contagi, visto che i ragazzi vengono a Prato per dei corsi intensivi, solitamente della durata di tre settimane, e volevamo assicurarci che godessero del tempo a disposizione”, commenta Hewlett.
La pandemia ha modificato la percezione di questa esperienza per gli studenti, rendendoli più propensi a vivere godendo di ogni momento, come sottolinea la direttrice del Centro:
“Il livello di coinvolgimento degli studenti, non solo in classe, ma anche nelle attività extra curriculari, dimostra come questi ragazzi diano valore a quello che stanno vivendo, cercando di sfruttare tutte le possibilità che hanno a disposizione”.
I benefici per chi decide di abbracciare questa avventura si riflettono anche sulle prestazioni scolastiche, come sottolinea Hewlett:
“Osserviamo un cambiamento evidente degli studenti durante questo periodo, si sentono subito più coinvolti e partecipano in maniera attiva all’apprendimento. Un vantaggio che li accompagna anche quando rientrano in sede, per la maggior parte di loro, infatti, si evidenzia un miglioramento dei risultati accademici”.
Sono stati 700 gli studenti che hanno viaggiato verso l’Italia grazie alla Monash University nel 2022, un numero molto alto, se si considera che il Centro di Prato è stato operativo soltanto durante la seconda parte dell’anno.
“La sede toscana è stata istituita per dare agli studenti l’opportunità di vivere un’esperienza immersiva a contatto con la cultura italiana, ma anche di studiare la politica e l’economia Europee, analizzare la questione migratoria o approfondire la storia della medicina in un posto che, geograficamente, offre loro delle connessioni reali” spiega Hewlett.
“Usiamo questa sede anche per conferenze e come centro di ricerca, settore molto rilevante per la Monash. Spesso i ricercatori e i professori sono più propensi a venire in Italia, piuttosto che in Australia, ed è grazie al centro di Prato che abbiamo avuto modo di instaurare relazioni profonde e collaborazioni proficue con altre Università”.
Con questo obiettivo in mente, recentemente è stata avviata la Monash University European Research Foundation, per stabilire un centro di ricerca che porti a Prato, a partire dall’anno in corso, studiosi da ogni parte del mondo.
L’idea di avere studenti e ricercatori in diversi campi e di condurre ricerche multidisciplinari è affascinante e già in pista grazie al Monash Global Campus Intensive, che propone dei corsi trasversali il cui focus riguarda discipline in aree di interesse globale, quali cambiamento climatico, sicurezza geopolitica e inclusione sociale.
L’esperienza di Prato sembra funzionare da ogni punto di vista; Cecilia Hewlett sottolinea, infatti, come anche la popolazione della cittadina toscana fosse entusiasta del ritorno degli studenti.
Abituati alla loro presenza ormai da vent’anni, deve essere sembrato strano non vederli passeggiare in piazza o seduti al caffè a fare colazione con cappuccino e cornetto, come dei veri italiani.