TEL AVIV - Un raid definito “storico” quello condotto martedì dalle forze israeliane su Doha, perché è la prima volta che l’Idf attacca il Qatar. A finire nel mirino sono stati i vertici di Hamas, riuniti probabilmente per discutere l’ultima proposta americana di un accordo globale di cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi. L’edificio a due piani, che sorgeva nei pressi della spiaggia, nell’elegante quartiere Qatara di Doha, è stato fatto saltare in aria da dieci bombe sganciate dai caccia israeliani, con l’obiettivo di colpire i leader di Hamas responsabili, secondo lo Shin Bet - l’agenzia di intelligence israeliana - di “aver guidato per anni le attività terroristiche contro Israele” ed essere stati “direttamente responsabili del massacro del 7 ottobre”. Nell’edificio ci sarebbero stati personaggi di peso del gruppo terroristico, come Khalil al-Hayya - numero due dell’Ufficio politico di Hamas -, ma sulla loro sorte non c’è certezza. Tra conferme e smentite è spuntata l’ipotesi che le esplosioni abbiano causato maggiori danni sulla casa vicina a quella della riunione. Secondo quanto riferito dalla Cnn, l’edificio bombardato sarebbe crollato su se stesso e, sebbene la polizia abbia impedito ai passanti di avvicinarsi e fare foto, i media arabi hanno inondato Tv e social di video e immagini. 

Benjamin Netanyahu, da parte sua, si è assunto la piena responsabilità dell’operazione, decisa con il ministro della Difesa Israel Katz in risposta all’attentato terroristico di lunedì a Gerusalemme, durante il quale hanno perso la vita sei persone e causato almeno 11 feriti. Il Primo ministro ha rilanciato la sua linea dura anche sul piano politico, sostenendo che la spinta militare può accelerare la conclusione della guerra. In parallelo, dagli Stati Uniti è trapelato che la Casa Bianca ha mantenuto contatti diretti con le parti coinvolte: la portavoce Karoline Leavitt ha fatto sapere che il presidente Trump ha chiamato Netanyahu dopo l’attacco e “gli ha detto che vuole la pace e presto”. Ha poi sottolineato che “Donald Trump non ha un’opinione positiva dell’attacco a un alleato degli Stati Uniti come il Qatar, che sta lavorando per la pace. Ma l’obiettivo di eliminare Hamas è giusto”.

“La decisione di attaccare il Qatar è stata del premier israeliano Benjamin Netanyahu e non mia”, ha precisato lo stesso presidente americano in un lungo post su Truth. Una frase arrivata mentre si rincorrevano versioni discordanti sul coordinamento con Washington. Secondo fonti statunitensi citate da Israele, la Casa Bianca sarebbe stata informata per tempo dell’operazione, preparata dettagliatamente da oltre un anno dalle agenzie di sicurezza di Tel Aviv, e subito dopo, avrebbe avvertito il Qatar dell’imminente attacco. Da Doha, però, è arrivata una smentita, con la precisazione che la telefonata americana sarebbe giunta quando nella capitale già si udivano le esplosioni. Una dinamica che rimane poco chiara e alimenta tensioni diplomatiche nella Regione. Intanto, il primo ministro del Qatar, Mohammed Bin Abdulrahman Al Thani, ha dichiarato che la tradizione diplomatica del suo Paese “non sarà scoraggiata” dall’incursione israeliana, ma ha lasciato intendere che i colloqui in corso su Gaza hanno ora un percorso incerto. “Il vile attacco israeliano ha preso di mira un edificio dove si trovavano diversi membri dell’Ufficio politico di Hamas. Si tratta di una palese violazione del diritto internazionale”, ha aggiunto. Parole le sue che si inseriscono in un coro di critiche verso un’azione percepita come un’escalation del conflitto, vista la scelta di colpire in un Paese  mediatore. Sul terreno, la conseguenza immediata è lo stop al calendario dei colloqui, con il Qatar che ha rinviato i negoziati in data da decidere, congelando un fragile percorso che si reggeva su equilibri già precari. 

Da parte sua, Hamas ha reagito rivendicando, nella prima dichiarazione ufficiale dopo il bombardamento, che “il tentativo di Israele di uccidere il team negoziale è fallito: nel raid invece sono rimasti uccisi cinque membri della delegazione”. 

Tra gli analisti ha preso corpo la convinzione che l’operazione israeliana sia stata condotta con duplice obiettivo: il primo, mettere “fuori gioco” figure considerate intransigenti al tavolo del negoziato, come Khalil al-Hayya e Zaher Jabarin, che durante i precedenti round avrebbero irrigidito la posizione del movimento. Il secondo obiettivo sarebbe il tentativo di mettere pressione sul comandante Izz al-Din al-Haddad, ritenuto da alcuni osservatori “disposto a scendere a compromessi e incline ad accettare l’ultima proposta americana”. Un disegno che, se confermato, potrebbe modificare i rapporti di forza interni a Hamas a ridosso di un nuovo tentativo di intesa sul cessate il fuoco e sul rilascio degli ostaggi. 

Dure le reazioni internazionali, con condanna unanime dell’iniziativa israeliana. L’Unione Europea ha espresso solidarietà al governo di Doha e accusato Tel Aviv di aver violato “il diritto internazionale e l’integrità territoriale del Qatar”. “Qualsiasi escalation della guerra a Gaza deve essere evitata: non è nell’interesse di nessuno”, ha affermato il portavoce del Servizio esterno dell’Unione Europea. Sulla stessa linea, le dichiarazioni di Giorgia Meloni, che ha ribadito “il sostegno italiano a tutti gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza” e ricordato che l’Italia “rimane contraria a ogni forma di escalation che possa comportare un ulteriore aggravamento della crisi in Medio Oriente”. Sull’argomento è intervenuta anche Penny Wong, a capo del ministero degli Esteri australiano, condannando i raid aerei israeliani che “renderanno ovviamente più difficile” il raggiungimento di un accordo di pace.