WASHINGTON – È Elias Rodrguez, il 30enne di Chicago che ha ucciso due impiegati dell’ambasciata israeliana a Washington. Lo riferiscono i media americani citando il dipartimento di Giustizia. Adesso rischia la pena di morte, secondo quanto comunicato dall’attorney general ad interim della capitale americana, Jeanine Pirro.
Erano passate da cinque minuti le nove di sera quando fuori dal museo ebraico di Washington, nel centro nevralgico della capitale a due passi dalla Casa Bianca e Capitol Hill, si è scatenato l’inferno. Rodriguez ha aperto il fuoco su un gruppo di giovani diplomatici israeliani che stavano uscendo da un evento e, al grido di “Palestina libera”, ha ucciso Yaron Lischinsky, diplomatico 28enne, e la sua fidanzata Sarah Milgrim, impiegata dell’ambasciata.
“Un atto di terrorismo antisemita”, l’ha definito il direttore dell’Fbi, scatenando la massima allerta nei luoghi sensibili di tutto il mondo, dagli Stati Uniti a Israele, e riaccendendo le polemiche tra Benjamin Netanyahu e alcuni leader europei, accusati dal premier israeliano di fomentare l’odio contro gli ebrei.
I due israeliani assassinati stavano camminando sul marciapiede fuori al Jewish Museum – dopo la conferenza annuale dei giovani diplomatici dedicata alla costruzione di ponti in Medio Oriente e Nord Africa –, quando il killer li ha freddati con una pistola. Poi è entrato nel museo, “visibilmente agitato” e ha finto di aver assistito alla sparatoria spacciandosi per un testimone.
“È entrato un uomo. Sembrava davvero angosciato, la gente gli parlava e cercava di calmarlo – ha raccontato Katie Kalisher, una designer di gioielli di 29 anni, che ha perfino parlato con l’attentatore –. Alla fine, è venuto da me e gli abbiamo chiesto: ‘Hai bisogno d’acqua?’, ‘Stai bene?’”. La testimone ha raccontato che il killer le ha domandato in che tipo di museo si trovasse, e quando lei ha risposto “il museo ebraico”, lui ha detto: “Pensi che sia per questo che l’hanno fatto?”. Poi ha tirato fuori una kefiah rossa e improvvisamente ha urlato: “L’ho fatto per Gaza! Palestina libera!”. A quel punto il 30enne è stato bloccato e arrestato dalle forze dell’ordine che, su sua indicazione, hanno recuperato la pistola del delitto. L’Fbi ha poi dispiegato un gruppo di agenti e artificieri a Chicago per perquisire la casa di Rodriguez e cercare elementi utili a ricostruire la dinamica dell’attentato.
L’uomo viveva ad Albany Park, uno dei quartieri etnicamente più eterogenei della città. Sulla finestra dell’appartamento ci sono due poster: uno con su scritto ‘Giustizia per Wadea’, il bambino palestinese americano di 6 anni ucciso a Chicago due anni fa, e uno con la scritta ‘Tikkun Olam significa Palestina libera’ (Tikkun Olam è un’espressione ebraica per dire ‘curare il mondo’). Attivista politico da anni impegnato nella difesa dei diritti dei palestinesi, Rodriguez è stato membro per un breve periodo del Partito per il Socialismo e la Liberazione, l’associazione marxista-leninista che ha lanciato negli ultimi giorni una raccolta firme contro il “genocidio” a Gaza. Secondo le autorità, il killer “ha agito da solo” e non era mai stato segnalato alla polizia.
Intanto, la sicurezza è stata rafforzata non solo davanti al luogo dell’attentato ma anche in tutti i luoghi sensibili della capitale americana, compresa la Casa Bianca e la sede del Congresso. Donald Trump ha condannato con forza l’attacco: “Questi orribili omicidi, basati ovviamente sull’antisemitismo, devono finire, ora!”, ha dichiarato.
Rabbia e indignazione traboccano in Israele e il governo ha attaccato duramente alcuni leader occidentali, definendoli “irresponsabili” e puntando il dito soprattutto contro Parigi, Londra ed Ottawa. “L’attentato di Washington è frutto della selvaggia istigazione contro Israele”, ha affermato Netanyahu. Ancora più esplicito il ministro della Diaspora, Amichai Chikli: “Emmanuel Macron, Keir Starmer, Mark Carney hanno tutti incoraggiato le forze del terrore senza tracciare linee rosse morali”.
La dura replica di Parigi, dopo le condiglianze di Macron, non si è fatta attendere: “[Le dichiarazioni provenienti da Israele] sono oltraggiose e ingiustificate”. Il premier britannico, Keir Starmer, non ha risposto alla polemica ma si è focalizzato soltanto sull’attentato: “L’antisemitismo è un male che dobbiamo estirpare ovunque appaia”.
Poi, la telefonata di Donald Trump al primo ministro israeliano. “I due leader hanno discusso della guerra a Gaza e Trump ha espresso il suo sostegno agli obiettivi di Netanyahu: la liberazione degli ostaggi, l’eliminazione di Hamas e l’avanzamento del Piano Trump”, ha scritto in una nota l’ufficio del premier israeliano.