ROMA - L’area della Valle del Sacco, al confine tra le Province romana e frusinate, un territorio esteso su 7.300 ettari, dove vivono 200.000 persone e che comprende 19 Comuni, è avvelenata pesantemente da 15 anni dal betaesaclorocicloesano, pesticida vietato dal 1978 e pericolosissimo per la salute pubblica, causa di seri problemi a livello neurologico, cardiocircolatorio, endocrino, immunitario, riproduttivo e renale. 
Un vero e proprio disastro ambientale e con tale accusa il pm Luigi Paoletti ha chiesto al Tribunale di Velletri di condannare quattro imputati a due anni di reclusione a testa. 
Sotto accusa l’allora direttore della Caffaro srl di Colleferro, Carlo Gentile, il legale rappresentante e il responsabile tecnico del Consorzio Servizi Colleferro, responsabile della depurazione delle acque, Giovanni Paravani e Renzo Crosariol, e l’allora direttore della Centrale del Latte di Roma, Giuseppe Zulli.
Citati inoltre come responsabili civili, ai fini del risarcimento del danno, sia la Centrale che il Consorzio. Le parti civili, rappresentate tra gli altri dal ministero dell’Ambiente e dalle associazioni Raggio Verde e Retuvasa, hanno inoltre chiesto ingenti risarcimenti per i danni patrimoniali e morali subiti. Ben 26 milioni di euro solo il Ministero. A metà novembre parleranno le difese e poi verrà emessa la sentenza. 
Il caso esplose nel 2005 quando vennero trovati 25 bovini morti nel Rio Santa Maria e l’Asl trovò il beta-HCH nel latte proveniente dagli allevamenti della Valle del Sacco, fiume che nasce dai Monti Prenestini e confluisce poi nel Liri.