WASHINGTON – “In sei mesi abbiamo rilanciato l’America. Eravamo morti. Ora siamo il Paese più rispettato al mondo". Con queste parole Donald Trump ha festeggiato il primo semestre del suo secondo mandato notando come, in un arco di tempo limitato, siano state fatte “molte grandi cose”. E molte - lascia intendere - seguiranno.

Sulle celebrazioni, però, aleggia l’ombra dello scandalo di Jeffrey Epstein. Anche se i malumori all'interno del mondo Maga sembrano rientrare, il movimento resta inquieto e frustrato di fronte all'impossibilità di accedere alle carte dell’ex finanziere morto in carcere.

Il Wall Street Journal, con la pubblicazione di una lettera del 2003 di Trump a Epstein, ha ricompattato in parte i sostenitori del presidente “vittima” delle fake news. E anche la richiesta al giudice di diffondere le trascrizioni delle testimonianze al gran giurì ha calmato le acque. Ma quanto durerà è tutto da vedere.

In Congresso, in un raro slancio bipartisan, molti chiedono alla ministra Pam Bondi di pubblicare le carte che ha già in mano, nell’attesa della decisione del giudice sul gran giurì che potrebbe richiedere tempo.

Nonostante le tensioni, Trump ha ostentato sicurezza. “I miei numeri nei sondaggi all’interno del partito repubblicano e del Maga sono aumentati da quando è stata scoperta la bufala di Jeffrey Epstein. Hanno raggiunto il 90%, il 92%, il 93% e il 95% in vari sondaggi”, ha detto sul suo social Truth.

Eppure per un presidente che è sopravvissuto a molti scandali, Epstein appare un test che si sta dimostrando più difficile del previsto da superare e che rischia, è la convinzione della Casa Bianca, di offuscare i risultati finora ottenuti dall’amministrazione.

Il pugno duro sull’immigrazione, la guerra dei dazi, il cambio di posizione in Ucraina e il taglio delle tasse sono i successi che Trump vorrebbe rivendicare davanti ai suoi, al momento però tutti concentrati su Epstein. Uno scandalo che, a suo avviso, è una “bufala” creata dai democratici.

Proprio contro i liberal Trump e il suo governo stanno alzando il tiro: il presidente ha accusato Barack Obama e i suoi “delinquenti” di frode elettorale dopo che la direttrice all’intelligence, Tulsi Gabbard, avrebbe trovato prove in grado di dimostrare che i funzionari dell’amministrazione Obama hanno manipolato e nascosto informazioni sulle interferenze russe sul voto del 2016 per indebolire Trump.

I festeggiamenti per i primi sei mesi alla Casa Bianca cadono a un anno (era il 21 luglio 2024) dalla decisione di Joe Biden di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca e lanciare Kamala Harris alla presidenza. Dodici mesi che non sono stati ancora sufficienti ai democratici per ritrovare se stessi e guardare avanti.

Il partito - riporta il New York Times - sta compiendo “un’autopsia” di cosa sia andato male lo scorso anno, ma l’esame non toccherà le decisioni di Biden e Harris, quasi a esonerare dalle loro responsabilità i vertici del partito complici, secondo molti, del tracollo alle urne.

Mentre l’esame è in corso i liberal lavorano alle elezioni di metà mandato e guardano al 2028. I papabili candidati sono già all’opera, tastando il terreno negli Stati chiave e cercando di non ripetere gli errori che hanno consentito a Trump di tornare alla Casa Bianca.