Dormire poco (meno di sette ore per notte) o troppo (più di nove ore) per diversi anni di seguito si associa a maggior rischio di morte per tutte le cause, un rischio del 29% maggiore in media e del 32% in più per persone che passano col tempo dal dormire troppo al dormire troppo poco. Lo rivela uno studio su quasi 47.000. Sono state definite nove traiettorie del sonno in base alla variazione del sonno nell’arco di cinque anni tra l’arruolamento del partecipante e il periodo di monitoraggio che è durato in media 12 anni. Nel corso dello studio sono stati registrati 13.579 decessi (4.135 per malattie cardiovascolari, 3.067 per cancro e 544 per malattie neurodegenerative). Rispetto alla traiettoria ottimale della durata del sonno mantenuta per i cinque anni d’osservazione (un sonno sano di sette-nove ore a notte), le traiettorie subottimali (cioè, ad esempio, chi passa col tempo dal dormire poco al dormire troppo o viceversa) sono state associate a un rischio maggiore del 29% di mortalità per tutte le cause. Significa che mantenere un’igiene del sonno sana negli anni riduce il rischio di morte per qualunque causa.

Farlo bene previene la depressione

Il sonno agitato è un segno ben noto di depressione. Tra i sintomi principali ci sono la difficoltà ad addormentarsi o a rimanere addormentati e la bassa qualità del sonno. Nel tentativo di comprendere i meccanismi molecolari dei disturbi dell’umore, tra cui la depressione, gli scienziati hanno individuato un forte legame tra disturbi del sonno, ansia e ormoni dello stress. Molti pazienti che soffrono di disordini da stress, compresi quelli dell umore, spesso soffrono d’insonnia. Si tratta di una condizione dovuta a un prolungamento della cosiddetta “fase REM”, quella vicina alla veglia in cui il sonno è meno profondo. Questo provoca l’aumento della produzione del Corticotropin-Releasing Hormone (CRH), un ormone dello stress che in quantità eccessive causa disturbi dell’umore. È per questo che molti farmaci contro la depressione sopprimono la fase REM del sonno. I ricercatori puntano a capire se i disturbi del sonno siano o meno equivalenti a quelli dell’umore. Se si esamina il sonno, si possono individuare potenziali pazienti che soffriranno anche di disordini dell’umore? Ci si è chiesti se la difficoltà ad addormentarsi possa essere un biomarcatore di possibili altri disturbi. Per rispondere a questa domanda, gli scienziati hanno esaminato i cambiamenti nella fase REM del sonno a partire dall’osservazione del comportamento di topi con particolari espressioni geniche. In questi animali spesso si notava una sovrapproduzione dell’ormone CRH in diverse aree del cervello: un fattore collegato al prolungamento della fase REM e alla difficoltà a riprendere sonno. Si tratta della prima scoperta che mette in relazione questi due aspetti, aumento di CRH e insonnia, che secondo i ricercatori sono strettamente connessi anche ai comportamenti ansiosi. Questo indica che l’ansia potrebbe essere proprio il meccanismo che ci tiene svegli. Dal momento che i soggetti ansiosi non riescono a rimanere addormentati per lunghi periodi, il loro debito di sonno si accumula spiegano i ricercatori. Le persone con disturbi del sonno cronici potrebbero essere più predisposte alla depressione. Per questo conoscere queste associazioni tra sonno e disturbi dell’umore potrebbe aiutare a prevedere l’insorgere di stati depressivi. La ricerca potrebbe fornire nuovi strumenti per prevenire la depressione? Se si aiutano i pazienti a dormire meglio, forse si potrebbe evitare loro i disturbi dell’umore.

Farlo male può compromettere ricordi

Dormire male anche solo una notte può avere effetti drammatici sulla memoria. Almeno questo è quanto emerso da uno studio i cui risultati potrebbero avere implicazioni importanti per i testimoni coinvolti in procedimenti penali. I ricercatori hanno scoperto che se le persone vengono private del sonno una sola notte sono più propense a confondere e sbagliare i ricordi dei dettagli di un furto simulato in una serie di immagini. La memoria distorta può avere gravi conseguenze in settori come la giustizia penale, in cui gli errori d’identificazione dei testimoni oculari sono considerati la causa principale delle condanne ingiuste. È scoperto che una distorsione della memoria è maggiore dopo la privazione del sonno e, a determinate condizioni, la privazione del sonno può aumentare il rischio di sviluppare falsi ricordi. Per arrivare a queste conclusioni gli scienziati hanno tenuto svegli un gruppo di persone e quelle che hanno fatto cinque o meno ore di sonno erano più propensi a confondere i dettagli di un evento rispetto alle persone ben riposate.

Mangiare riso aiuta a farlo meglio

Se si hanno difficoltà ad addormentarsi mangiare riso potrebbe aiutare molto. Almeno questo è quanto emerso da uno studio che ha coinvolto quasi 2.000 persone: più riso mangiavano, migliore era la qualità del loro sonno. I ricercatori hanno confrontato questi dati anche con quelli raccolti quando i soggetti mangiavano pane o pasta. Ebbene, il collegamento con un miglior sonno è stato trovato solo con il riso. Il perché non è del tutto chiaro. Il riso ha un alto indice glicemico, una misura di quanto velocemente i carboidrati vengono divisi in zucchero nel sangue. Gli alimenti ad alto indice glicemico aumentano i livelli di una proteina chiamata triptofano che viene utilizzata dal corpo per produrre serotonina nel cervello, che è nota per indurre il sonno. Pane e pasta, invece, hanno un basso indice glicemico e, secondo i ricercatori, questo potrebbe spiegare il collegamento tra sonno e riso.

Attenti a tablet ed e-book 

Leggere dai tablet o dagli e-book mentre si è nel letto, prima di andare a dormire, altera ”irrimediabilmente” il ciclo del sonno, rendendoci più stanchi e più nervosi il giorno dopo. È il risultato di uno studio effettuato su decine di persone che ha così rivelato che la luce e le onde elettromagnetiche di questi apparecchi alterano l’orologio biologico, un problema soprattutto quando li si utilizza a tarda sera prima di addormentarsi. Le analisi del sangue effettuate hanno soprattutto mostrato come chi legga da questi strumenti abbia un minore livello di melatonina di notte, con la quantità di questo ormone in circolo che torna a livelli accettabili, il giorno successivo, con 90 minuti di ritardo rispetto alla norma. Un chiaro segnale dell’alterazione del ciclo circadiano, che appunto regola la veglia e il sonno, hanno detto gli scienziati. Chi legge a lungo da tablet ed e-book, inoltre, ci metterebbe in media 12 minuti in più a prendere sonno e avrebbe molti minuti in meno di fase Rem, la fase del movimento rapido degli occhi, indicata come una di quelle di sonno più profondo.

Un’ora in meno spinge a mangiare di più

Rinunciare anche solo a un’ora di sonno al giorno può portare gli adolescenti a mangiare più del solito. A dimostrarlo è stato un gruppo di ricercatori. Precedenti studi avevano già associato la scarsità di sonno negli adolescenti a un più alto rischio di obesità. Ma la maggior parte ha basato i propri dati su quello che hanno riferito i soggetti. Il nuovo studio, invece, è il primo ad aver misurato oggettivamente negli adolescenti il modello di sonno e di attività fisica per oltre una settimana, tenendo in considerazione anche le abitudini alimentari della vita reale. Gli adolescenti che hanno preso parte allo studio avevano un’età media di 17 anni e, grazie a uno speciale braccialetto indossato, è stato possibile misurare i cicli d’attività e di riposo. I soggetti, inoltre, hanno risposto a un questionario sul tipo di alimentazione seguita. I ricercatori hanno così potuto analizzare le relazioni tra la durata del sonno, le variazioni del sonno giorno per giorno e l’assunzione di cibo. Lo studio ha mostrato che gli adolescenti, in generale, dormono di più nel fine settimana e questo spingerebbe a dormire di meno il giorno successivo. Questa variazione sembra essere associata all’aumento di peso. Secondo i ricercatori è possibile che il sonno perso spinga l’adolescente a essere più sedentario e, di conseguenza, a essere più propenso a fare spuntini davanti alla Tv.