Dopo un infarto il corpo riceve il comando di rimanere sonnolento per favorire la guarigione del muscolo cardiaco e ridurre l’infiammazione. Ciò accade perché il cuore invia segnali speciali al cervello. Si tratta della prima ricerca che dimostra come cuore e cervello comunichino tra loro tramite il sistema immunitario per promuovere il sonno e il recupero dopo un grave evento cardiovascolare. I risultati suggeriscono che il sonno dovrebbe essere una priorità nella gestione clinica post-infarto, incluse le cure in terapia intensiva dove il sonno è spesso interrotto, e nella riabilitazione cardiaca. Questo studio dimostra per la prima volta che il cuore regola il sonno durante un danno cardiovascolare usando il sistema immunitario per inviare segnali al cervello. I dati mostrano che dopo un infarto il cervello subisce cambiamenti profondi che aumentano il sonno, e nelle settimane successive si osserva un incremento della necessità di dormire. E' stato scoperto che l’infiammazione neurologica e il reclutamento di cellule immunitarie chiamate monociti nel cervello è una risposta adattativa benefica che aumenta il sonno per facilitare la guarigione del cuore e ridurre l’infiammazione dannosa. I ricercatori hanno scoperto questo fenomeno su topi. Inducendo attacchi cardiaci e analizzando il cervello tramite dispositivi wireless di elettroencefalogramma, hanno trovato un aumento di tre volte del sonno a onde lente, il cosiddetto sonno profondo caratterizzato da onde cerebrali lente e ridotta attività muscolare. Studiando i cervelli dei topi con infarto, hanno trovato che i monociti dal sangue migravano al cervello e utilizzavano una proteina chiamata fattore di necrosi tumorale (Tnf) per attivare i neuroni nel talamo, aumentando il sonno. Questo fenomeno si verificava solo nei topi infartuati. In ulteriori test su pazienti post-infarto seguiti per due anni, il cui sonno è stato monitorato per quattro settimane dopo l’attacco di cuore, è emerso che quelli con qualità di sonno peggiore mostravano un rischio doppio di nuovi eventi cardiovascolari rispetto a coloro che dormivano bene, con miglioramenti significativi della funzione cardiaca nei buoni dormitori.
Gli effetti del dormire e sognare troppo poco
“Perdi i tuoi sogni e perderai la tua mente”: non è solo una frase di una canzone dei Rolling Stones, ma esattamente ciò che ci potrebbe succedere se smettessimo di sognare. I fattori che contribuisco a bloccare i nostri sogni sono molti. A incidere sono lo stile di vita, l’insonnia, l’uso di alcune sostanze come alcool e droga, ma anche il fatto che non si è ben consapevoli di quanto i sogni siano importanti per la nostra salute fisica e psicologica. Siamo troppo spesso portati a pensare poco ai sogni che facciamo, in pochi si sforzano di ricordare i propri sogni da svegli e ancora di meno sono le persone che pensano che i sogni possano avere una qualche importanza nella vita reale. Inoltre, i sogni sono un insieme di magia, scienza e mistero e la loro mancanza determina una maggiore inclinazione a essere irritabili, depressi, ad aumentare di peso e ad avere allucinazioni. Senza i sogni potremmo perdere la razionalità, la nostra memoria tende a diminuire e potrebbero alterarsi alcune funzioni del nostro sistema immunitario. Questi sono effetti conosciuti fin dagli anni ‘60: quando alcuni ricercatori fecero degli esperimenti, privando alcuni soggetti della parte di sonno Rem, e scoprirono una serie di effetti collaterali negativi. Le sveglie sono nemiche dei sogni perché il loro trillo è come se li “scacciasse”: immaginiamo di essere improvvisamente portato fuori da un cinema quando il film si si avvicina alla sua conclusione. Stesso discorso vale per alcool e cannabis, non sono escluse dalla “lista nera” nemmeno le pillole per dormire che aumentano il sonno leggero a scapito di quello più profondo e di qualità. Non sono degli alleati nemmeno le luci artificiali degli schermi dei computer, tablet e smartphone, così come le luci della città Ciò che si rileva comunque dagli studi, è che è difficile salvaguardare quella parte di sonno che ci permette di sognare, per i sogni non esistono incentivi sociali o finanziari. Per la maggior parte di noi, il sonno non fa parte della lista delle priorità. E riuscire a dormire ogni notte dalle sette alle nove ore non rientra tra le attività alla moda da raccomandare per il nostro benessere. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che il sonno non è una forma di benessere “monetizzabile”, su di esso non guadagna nessuna azienda. Quindi sempre di più capita che siamo attenti a tante attività che ci sembrano utili per il nostro benessere e non ci concentriamo sul sonno. In realtà dobbiamo capire che mettere i nostri corpi nelle condizioni di sognare è un grande regalo che facciamo al nostro corpo e alla nostra mente.
È inutile combattere l’insonnia
Sonno e insonnia. Sono la faccia della stessa medaglia. Un problema molto moderno. Attuale, Per molti quotidiano. Meglio, notturno. Ci si corica e non ci si addormenta. Oppure ci si sveglia nel cuore della notte e non ci si riaddormenta più. I motivi? I più svariati, ma quando siamo a letto, i nostri peccati quotidiani si ingigantiscono. Le cose lasciate in sospeso durante la giornata ci tengono svegli e fanno da calamita a problemi più profondi di coscienza e di colpa. Il sonno è diventato un lusso, che desideriamo disperatamente e non siamo mai del tutto sicuri di possedere. Eppure l’idea di un unico blocco di sonno ininterrotto è molto probabilmente un’invenzione recente, perché lo storico statunitense Roger Ekirch sostiene che fino alla metà dell’Ottocento il sonno aveva generalmente un andamento in due fasi.Gli esseri umani avevano un primo e un secondo sonno: andavano a letto verso le nove di sera e dormivano fino a mezzanotte circa, poi si alzavano per un’ora o due, la cosiddetta “veglia”, e tornavano a letto fino al mattino. Nella seconda metà dell’Ottocento il sonno unico divenne la norma e il fenomeno, secondo Ekrich è dovuto probabilmente alla comparsa della luce artificiale, all’illuminazione delle strade, che offriva nuove possibilità e spingeva le persone ad andare a letto più tardi. Sta di fatto che quello di dormire sta diventando un problema sociale, specie in Occidente, dove si ritiene che il dormire sia una perdita di tempo, mentre in altre parti del mondo lo si percepisce come un valore, parte del bioritmo personale. Anche durante il giorno. Basti pensare a la siesta, ad esempio. E non è un caso, ad esempio, che almeno il 10% degli abitanti dei paesi ricchi soffrano di insonnia cronica. Legati a problemi come il lavoro organizzato in turni, oppure all’ora legale o ai cambi di fuso orario per chi viaggia molto, come gli uomini d’affari, o alla troppa luce delle città e, ancora, alla rivoluzione digitale. Insomma, è questa vita che ci tiene svegli. I suoi ritmi.