MILANO - Una “riunione” tra i vertici della “centrale di dossieraggio”, capace di “condizionare” economia e politica, e “due uomini non identificati che rappresenterebbero un’articolazione dell’intelligence di Israele”.

Colloqui intercettati dagli investigatori, che hanno scattato anche fotografie, e nei quali il network di cyber-spie sembra stringere un “accordo commerciale” di scambio di informazioni riservate. Mentre saltano fuori riferimenti a un “mandato” che dicono di aver ricevuto pure dalla Chiesa e “atti riservati di Eni” che sarebbero stati trovati negli uffici della Equalize.

Dati che, però, al colosso petrolifero non risultano. Sono nuovi elementi che rafforzano l’ipotesi della Direzione nazionale antimafia (Dna) e della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Milano sui legami del “gruppo” di Carmine Gallo e Nunzio Samuele Calamucci con Paesi e servizi segreti stranieri e sulla tentacolare presa su ogni genere di dato sensibile. Vengono fuori da una maxi informativa di oltre 3.800 pagine depositata nell’inchiesta.

Montagne di documenti raccolti quand’era investigatore in Polizia, con le analisi e le informative delle più importanti operazioni di criminalità organizzata nazionali e internazionali, le schede dei più pericolosi uomini di mafia e una seria di carte “scottanti”. Sarebbe questo parte dell’archivio sequestrato in un garage a casa della segretaria di Carmine Gallo, l’ex super poliziotto ai domiciliari nell’ambito dell’indagine.

Un archivio che dovrà essere analizzato, assieme ai dispositivi informatici nelle disponibilità di tutto il gruppo, da un pool di tecnici dei carabinieri del Ros e che potrebbe diventare una miniera per inquirenti e investigatori. 

Mentre sono stati fissati per oggi, giovedì, davanti al Gip Fabrizio Filice, gli interrogatori di garanzia per i destinatari dei provvedimenti di arresto, ossia Gallo, Nunzio Samuele Calamucci, Massimiliano Camponovo e Giulio Cornelli, e per un poliziotto e un finanziere sospesi dal servizio, il Pm Francesco De Tommasi, che sta indagando con il collega della Dna, Antonio Ardituro, ha depositato l’appello contro il rigetto di una decina di misure cautelari.

Nell’atto, da quanto è trapelato, sono delineate con maggior incisività alcune contestazioni tra le quali, quelle di cui risponde Enrico Pazzali, il proprietario della Equalize, la società d’investigazione privata attorno a cui ruoterebbe l’imponente traffico illegale di informazioni che avrebbe in attivo, secondo i calcoli, oltre 800.000 dati rubati dai terminali in meno di tre anni, con profitti di 3 milioni di euro. Anche gli spiati erano oltre 800.000. 

E mentre il presidente del Senato, Ignazio La Russa, e altri esponenti politici chiedono di chiarire “chi siano i mandanti” dei dossieraggi su larga scala, negli atti il Pm De Tommasi mette nero su bianco che la rete di spie, con base in via Pattari, avrebbe goduto di una “‘cintura’ istituzionale” che “inconsapevolmente” scorreva “attorno all’organizzazione”. E generava “negli appartenenti” al gruppo una “forte sensazione di impunità”.

Nelle migliaia di pagine spuntano dialoghi tra Enrico Pazzali, titolare della Equalize e che si è autosospeso dalla Fondazione Fiera Milano, e il mondo della politica, come una lunga telefonata con Daniela Santanchè (non coinvolta nell’inchiesta).

Gli altri della banda, oltre a fare ricerche sulle banche dati su La Russa, pure sui figli, Matteo Renzi e altri, parlano tanto di politica e legami. Calamucci di Pazzali dice: “Avendo lo sponsor di centrodestra i contatti sono 70% centrodestra, 30 il resto”.

L’8 febbraio 2023 l’ormai ex numero uno della Fondazione Fiera è presente, stando agli accertamenti, negli uffici della Equalize, ma non partecipa alla riunione con le due persone portate da Vincenzo De Marzio, ex carabiniere, tra gli oltre 60 indagati. “Questi israeliani cosa son venuti a fare?”, chiede Pazzali a Gallo.

E l’ex super poliziotto, in contatto con “soggetti legati alla criminalità organizzata” e che potrebbe aver fatto parte di “settori d’intelligence”, gli risponde: “Sono disposti a un ‘do ut des’, uno scambio d’informazioni”.

Calamucci il giorno prima presentava il summit così: “Mi han proposto un lavoretto da un milione!”. Secondo i carabinieri, che hanno trascritto i dialoghi, Calamucci a nome del gruppo avrebbe messo “a disposizione i dati esfiltrabili dalle Banche dati strategiche” e si sarebbe reso “disponibile alle attività d’intelligence” a “pagamento”.

E gli israeliani avrebbero proposto “una partnership” per trasferire “informazioni eventualmente di interesse per il cliente Eni” che, intanto, “ribadisce di non essere mai stata, e di non essere, in alcun modo al corrente di eventuali attività illecite condotte da Equalize a livello nazionale o internazionale”. 

Vengono a galla, inoltre, anche un dossier e intercettazioni illecite sull’oro olimpico Marcell Jacobs e sul suo staff.