SYDNEY - Le tensioni politiche attorno alla strage di Bondi Beach si sono acuite con gli interventi di due ex primi ministri australiani e del ministro israeliano per gli Affari della diaspora, Amichai Chikli, che hanno puntato il dito contro il primo ministro Anthony Albanese.
Al centro delle accuse, la presunta incapacità del governo di contrastare l’antisemitismo e di riconoscere le radici ideologiche dell’attacco avvenuto durante le celebrazioni dell’Hanukkah.
Parlando a una cerimonia commemorativa presso la sinagoga Chabad of Bondi, Chikli ha affermato che il massacro non è stato un evento imprevedibile. “I segnali erano evidenti, da almeno due anni”, ha detto, sostenendo che slogan scanditi durante una grande manifestazione filo-palestinese sul Sydney Harbour Bridge abbiano contribuito a creare un clima d’odio.
In particolare, ha citato frasi come “Globalise the Intifada” e “From the River to Sea”, definite elementi di radicalizzazione. Il ministro ha anche criticato la presenza di bandiere palestinesi accanto a simboli dello Stato Islamico e di Hamas, entrambi vietati in Australia.
Secondo Chikli, dal governo australiano non sarebbe arrivata una condanna chiara. “Abbiamo sentito zero parole di condanna dal primo ministro”, ha dichiarato, aggiungendo che il riconoscimento di uno Stato palestinese da parte dell’Australia avrebbe mandato un segnale sbagliato. A suo giudizio, l’esecutivo avrebbe evitato di indicare l’estremismo islamista come causa dell’attacco, concentrandosi invece sul dibattito sulle armi. “Il problema è l’ideologia, non gli strumenti”, ha detto.
Le autorità del New South Wales hanno confermato che l’attacco sarebbe stato ispirato dallo Stato Islamico. Il commissario di polizia Mal Lanyon ha riferito del ritrovamento di due bandiere artigianali dell’IS in un’auto collegata a Naveed Akram, 24 anni, ora incriminato per 59 reati, tra cui omicidio e terrorismo. Suo padre Sajid, 50 anni, è stato ucciso durante lo scontro a fuoco con la polizia.
Alle critiche si sono uniti anche ex leader australiani. Scott Morrison ha detto che è “sconfortante” vedere sopravvissuti alla Shoah e loro discendenti, che avevano trovato rifugio in Australia dopo la Seconda guerra mondiale, valutare ora di lasciare il Paese. Morrison ha accusato il governo di aver “chiuso gli occhi” di fronte agli attacchi antiebraici degli ultimi due anni. “L’arma di domenica è stata l’antisemitismo, ed è quello che va disinnescato”, ha affermato.
Tony Abbott ha parlato di un’anima nazionale “macchiata” dall’attacco, accusando l’esecutivo di assecondare pressioni politiche e di permettere la diffusione di idee radicali nelle istituzioni. Le sue parole, come quelle degli altri intervenuti, hanno trasformato il memoriale in un momento non solo di lutto, ma anche di forte confronto politico sul futuro della sicurezza e della convivenza in Australia.