ROMA - “Ogni mattina leggo i necrologi. Se non c’è il mio nome, vado a farmi la barba”, scherzava qualche tempo fa Emilio Fede, esorcizzando con l’ironia la paura della fine.  

È morto oggi, assistito dalle figlie Simona e Sveva, nella residenza San Felice di Segrate, vicino Milano, a 94 anni compiuti lo scorso giugno.  

Ex direttore del Tg1 e del Tg4, è stato protagonista di una lunga carriera tra Rai e Mediaset: dall’esperienza da inviato di guerra all’annuncio dell’avvio dell’operazione Desert Storm, dagli aneddoti memorabili al clamoroso divorzio da Cologno Monzese.  

Ma è stato protagonista anche di una parabola giudiziaria che lo ha portato, tra l’altro, nel 2019, alla condanna definitiva nel processo Ruby Bis, per aver favorito la prostituzione di alcune ragazze spinte a partecipare alle feste nelle residenze di Silvio Berlusconi, con pena scontata prima agli arresti domiciliari e poi ai servizi sociali.  

Tra le sue ultime apparizioni in pubblico, quella del 14 giugno 2023 ad Arcore, per i funerali di Berlusconi: “È stato la mia vita”, aveva detto del fondatore di Forza Italia. 

Fede nasce a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) nel 1931. Trasferitosi con la famiglia a Roma dopo la guerra, comincia l’attività da giornalista nella carta stampata, collaborando con Il Momento – Mattino di Roma e poi con La Gazzetta del Popolo a Torino.  

Nel 1954 inizia la sua esperienza a Viale Mazzini, dove verrà assunto nel 1961. Inviato speciale in Africa per otto anni, documenta il periodo della decolonizzazione e l’inizio delle guerre civili, e negli annali finisce la sua inchiesta sull’uso di un farmaco per gonfiare la carne, la famosa “bistecca agli estrogeni”. 

Nel 1964 sposa Diana De Feo, figlia dell’allora vicepresidente della Rai, dalla quale avrà due figlie, Simona e Sveva. Lavora con Sergio Zavoli a Tv7, approda alla conduzione del Tg1 e, nel 1981, ne diventa direttore pro tempore fino al 1983.  

È sotto la sua guida che, nel 1981, il Tg della rete ammiraglia seguirà in diretta i fatti di Vermicino e gli inutili tentativi di salvare la vita al piccolo Alfredino scivolato nel pozzo artesiano, tragedia che in qualche modo segnerà la nascita della “tv del dolore”. 

Nel 1987 lascia la Rai per approdare a TvA e poi, nel 1989, alla Fininvest, alla corte di Silvio Berlusconi, al quale farà sempre professione di assoluta fedeltà, diventando responsabile di Videonews e Studio Aperto. 

Nel 1992 passa alla guida del Tg4: l’anno di Mani Pulite lo vede protagonista, con Paolo Brosio collegato dal Palazzo di Giustizia di Milano, di esilaranti collegamenti-gag che in tempi attuali avrebbero fatto impazzire i social. Celebri anche – grazie a Striscia la Notizia – i suoi fuori onda, con le sfuriate contro giornalisti e tecnici del tg. 

Dopo una prima cacciata nel 2010, rientrata per intercessione del Cavaliere, Fede lascia definitivamente Mediaset nel 2012, dopo l’esplosione di un nuovo scandalo, con l’accusa di aver esportato capitali in Svizzera, e viene sostituito alla guida del Tg4 da Giovanni Toti.  

Su uno degli strascichi giudiziari di quella vicenda ha messo la parola fine nel 2021 la Cassazione, confermando a carico di Fede la condanna per tentata estorsione nell’ambito del processo per il fotoricatto nei confronti di Mauro Crippa, direttore generale dell’informazione di Mediaset, da lui individuato come principale responsabile del suo licenziamento da Cologno Monzese. 

Nel frattempo, anche l’esperienza dell’arresto, a giugno 2020 su via Partenope, il lungomare di Napoli, mentre cena con la moglie Diana per festeggiare l’89º compleanno, dopo aver evaso i domiciliari. Il gip stabilirà che l’età e la ricorrenza “affievolivano notevolmente il fuoco del dolo dell’evasione”. 

Accanto alla carriera televisiva c’è poi stata l’esperienza politica, dalle candidature negli anni ’80 nelle file del Psdi alla fondazione dei movimenti “Vogliamo vivere” e “Le ali della libertà”.