CARACAS – Il governo venezuelano ha reso noto di aver concesso al candidato dell’opposizione, Edmundo González Urrutia, che si trovava in clandestinità dopo aver contestato la rielezione del presidente Nicolas Maduro, di lasciare il paese dopo aver chiesto asilo in Spagna.

“Dopo essersi rifugiato volontariamente presso l’ambasciata spagnola a Caracas qualche giorno fa, [González Urrutia] ha chiesto asilo politico al governo spagnolo”, ha affermato il vicepresidente venezuelano sui social media, aggiungendo che Caracas “gli ha concesso il necessario salvacondotto nell’interesse della pace politica e della tranquillità del Paese”. 

González ha lasciato il Venezuela diretto in Spagna a bordo di un aereo dell’aeronautica iberica, come ha confermato il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares, sottolineando che il viaggio è stato effettuato su richiesta di Urrutia e che “il governo spagnolo è impegnato a garantire i diritti politici e l’integrità fisica di tutti i venezuelani”.

Lo scorso 2 settembre le autorità venezuelane avevano spiccato un mandato d’arresto nei confronti di González per la sua “presunta commissione di reati di usurpazione di funzioni” e “falsificazione di documenti pubblici”, in relazione ai registri elettorali delle elezioni presidenziali del 28 luglio. Il tribunale, ha dichiarato l’ufficio del procuratore, ha  accolto la richiesta di un mandato per “reati gravi”. 

La richiesta era arrivata dopo la convocazione in tre occasioni di González Urrutia da parte della procura, e la decisione del candidato dell’opposizione di non presentarsi, poiché non sapeva in che veste doveva comparire e non riconosceva i reati che la procura gli attribuiva.

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro aveva dichiarato che González Urrutia “pretende di essere al di sopra delle leggi”, mentre la leader dell’opposizione venezuelana, Maria Corina Machado, aveva affermato che le minacce “ottengono solo” la coesione dell’alleanza e un aumento del sostegno che ricevono all’interno e all’esterno del Paese.

Dopo le elezioni del 28 luglio il Consiglio elettorale nazionale (Cne), presieduto da uno stretto alleato di Maduro, aveva dichiarato la sua vittoria con circa il 51% dei voti, mentre lo sfidante González Urrutia si sarebbe fermato circa al 44%, ma l’opposizione aveva contestato il risultato ufficiale denunciando irregolarità.

Mentre Machado ha citato risultati a sua disposizione in base ai quali González Urrutia avrebbe vinto con il 70% dei consensi. La rielezione di Maduro è stata accolta con perplessità dalla comunità internazionale e dall’Onu, che da più parti ha chiesto di fornire i registri dei seggi. 

In America Latina, il Cile ha chiarito che non avrebbe riconosciuto risultati non verificabili, il Perù ha richiamato il suo ambasciatore per consultazioni, anche se ha fatto marcia indietro rispetto a quanto aveva affermato il 30 luglio scorso l’allora ministro degli Esteri peruviano Javier González-Olaechea, riconoscendo González Urrutia come presidente del Venezuela.

“González non è il presidente eletto del Venezuela. Non abbiamo alcuna comunicazione ufficiale da parte dello Stato peruviano che gli riconosca questo status”, ha dichiarato il presidente del Consiglio dei ministri del Perù, Gustavo Adrianzén. 

“Abbiamo invece chiesto che si effettui un nuovo conteggio dei voti e ciò deve avvenire nel quadro del processo elettorale in cui i verbali elettorali devono essere rivisti”, ha chiarito Adrianzén.  Il Costa Rica ha fatto sapere di non riconoscere la rielezione, mentre il presidente argentino, Javier Milei, ha scritto su X “Dittatore Maduro fuori”.

Chi invece ha teso la mano a Maduro sono stati gli alleati classici del Venezuela, Iran, Russia e Cina, che si sono congratulati per la rielezione.

Teheran ha auspicato un rafforzamento delle relazioni bilaterali. Pechino si è detta “desiderosa di collaborare con il Venezuela per rafforzare ulteriormente il loro partenariato strategico” e il Cremlino ha promesso di sviluppare le relazioni con Caracas “in tutti i settori, compresi quelli sensibili”.