Vincenzo Salemme, che nel 2026 festeggerà 50 anni di carriera, ha al suo attivo, tra commedie e atti unici, una trentina di opere tutte messe in scena con grande successo nelle quali è stato anche regista e attore. Nella sua ultima fatica, “Ogni promessa è debito”, c’è una novità, un cambiamento rispetto al passato e, forse, un salto di livello dovuto a una ”scoperta” avvenuta di recente. “È una commedia molto particolare, nuova nella struttura - spiega l’attore e regista -; qui non è proprio possibile fare l’intervallo perché c’è un’unità di azione e di tempo, anche se poi, come luci, sembra passare una giornata. Un dialogo dentro l’altro, una specie di matrioska come se le parole si calamitassero tra di loro e si respingessero. È particolare, è curiosa e, anche se poi vedendola sembra per così dire ‘facile’, in realtà non è stato facile scriverla e credo che mi abbia condizionato l’incontro con la drammaturgia di Eduardo De Filippo”.
Salemme ha iniziato a lavorare proprio col grande drammaturgo napoletano (è rimasto poi nella compagnia con il figlio Luca fino alla sua morte nel 1984). Eppure ammette di aver “incontrato” forse per la prima volta solo adesso l’essenza drammaturgica di Eduardo. Dopo avere preso in mano e portato in scena al teatro Diana di Napoli e poi in televisione sulla Rai “Natale in casa Cupiello” a fine 2024. Un’operazione che ha avuto un grandissimo successo (3 milioni di telespettatori) in cui Salemme ha fatto sua un’opera che nell’immaginario comune è inscindibile dalla figura di De Filippo attore.
“Quella di Eduardo è una drammaturgia molto più sorprendente di quanto non la si faccia - spiega Salemme, che vanta anche una cinquantina di interpretazioni sul grande schermo - bisogna uscire dall’attore De Filippo una volta per tutte e prendere i testi come fosse Molière. Lui è stato grandioso come attore, ma ora bisogna prendere i testi e dimenticare Eduardo. Perché sono un mondo enorme. ‘Natale in casa Cupiello’ è un mondo enorme e io mi ci sono perduto dentro. Perché, nella sua semplicità, ogni parola è costruita dall’esperienza di palcoscenico, dalla maestria, dalla scuola, dalla tradizione, dall’intelligenza. È molto più ricco il repertorio eduardiano di quanto non dicano e teorizzino alcuni accademici - aggiunge Salemme, nato a Bacoli il 24 luglio 1957 - perciò bisogna lasciare da parte la teoria e rappresentarlo. E devono farlo i ragazzi, i giovani devono prendere Eduardo e portarlo in scena spudoratamente, sfacciatamente, con coraggio e passione. Ed è questo che mi ha regalato l’esperienza di ‘Natale in casa Cupiello’, mi ha insegnato tanto, per cui anche questo mio ultimo spettacolo l’ho affrontato in modo totalmente diverso e l’ho riscritto decine e decine di volte finché non ho trovato quello che a me sembra la giusta quadra”.
“[Per] ‘Ogni promessa è debito’ – aggiunge –, [Eduardo] mi ha aiutato e mi ha obbligato [a fare questo lavoro di riscrittura]”. Un insegnamento che, spiega ancora Salemme, viene proprio dalla scoperta della drammaturgia dei testi di De Filippo. “A parole tutti diciamo che Eduardo è il grande drammaturgo - aggiunge - però nella realtà parliamo sempre di De Filippo ‘come l’ha fatto lui’, Eduardo ‘quello lì che c’è in televisione’… bisogna staccare le commedie di De Filippo dalla sua immagine perché quelle sono bellissime, ma sono anche tanto di più”. “Bisogna liberare Eduardo da Eduardo - spiega ancora - liberarlo, lo dico ovviamente sempre con grande rispetto, in senso nobile. Sono commedie meravigliose, sono meravigliose per come sono, ci devi mettere la tua interpretazione, la tua cifra e te lo consentono”.
Com’è entrato Eduardo in “Ogni promessa è debito”? “Ci è entrato, per esempio, nel modo in cui faccio un rimando tra una battuta e l’altra. ‘Natale in casa di Cupiello’ è ricco di sapienza e io ho provato a riscrivere il testo della mia commedia con più sapienza - spiega Salemme -; ogni volta che l’ho riscritto, l’ho fatto per aiutare il pubblico a entrarci, per aiutare la risata ad arrivare fluida, per far arrivare il sentimento senza un atteggiamento moralistico, in maniera molto più naturale. ‘Natale in casa Cupiello’ è la commedia con la ‘c’ maiuscola per eccellenza, per cui ho provato a entrare nel mondo della commedia con più naturalezza. Le mie cose di solito raccontano più fatti estremi, questa è la loro particolarità. Stavolta ho provato a restare me stesso, ma ad addolcire il passaggio tra un estremo farsesco e un estremo sentimentale, tra un’emozione e l’altra”.
A 67 anni, dopo quasi mezzo secolo sui palcoscenici, diventato da anni uno dei più amati e apprezzati commediografi italiani, Salemme rivela che gli piacerebbe scrivere un libro sul teatro. Ma un libro che non ti aspetti, “non un libro su quello che ho fatto in questo mezzo secolo - dice il regista e attore campano -: mi piacerebbe scrivere un libro sul teatro per dare una mano ai ragazzi, su tutto quello che non sono riuscito a scoprire del teatro. Lo vorrei chiamare ‘L’utopia del teatro’ nel senso che, anche se può sembrare un ossimoro, per me il teatro non si può fare: è impossibile fare veramente teatro. Quello che abbiamo detto di ‘Natale in casa Cupiello’ è quello che io ho dato, la mia interpretazione: se lo fa Vincenzo Salemme, vedrete Vincenzo Salemme che vive e muore in palcoscenico mentre fa ‘Natale in casa Cupello’. Non è più il testo. Il teatro è una cosa che avviene e muore nell’istante stesso in cui, appunto, avviene e muore. C’è contemporaneità tra nascita e morte ed è l’unica cosa nell’esistenza che io conosca che ha questa contemporaneità”.