CANBERRA – Doveva essere un’elezione dall’esito incerto, ma gli australiani hanno dimostrato di non avere alcun dubbio su chi debba guidare il Paese per i prossimi tre anni.

E non solo hanno concesso un altro mandato al Partito laburista, ma hanno affidato al primo ministro un governo rafforzato nei numeri bocciando senza mezzi termini l’alternativa offerta da Peter Dutton.

Per la Coalizione un verdetto severissimo con il leader che addirittura esce dalla scena politica nazionale avendo perso il proprio seggio di Dickson, in Queensland.

Ricostruzione completa in vista, quindi, per i liberali che non solo dovranno cercare di trovare la forza di rialzarsi da una batosta elettorale senza precedenti (si tratta del peggior risultato per uno dei maggiori partiti dal 1941, ndr), ma saranno costretti da subito a decidere su un nuovo leader.

Sconfitta netta per la Coalizione in tutta la nazione, ma specie nello Stato ‘di casa’ del Queensland. Pesantissimo arretramento in Tasmania e, incredibilmente, dati gli umori popolari nei confronti del governo statale di Jacinta Allan, nessun miglioramento in Victoria. Anzi, la conquista laburista ha avuto luogo nei seggi di Deakin, che era detenuto dal portavoce all’Edilizia Michael Sukar, e forse di Menzies, dove l’astro nascente liberale Keith Wolahan, al momento di andare in stampa, non si è ancora dato per vinto, nonostante il candidato laburista Gabriel Ng abbia conquistato il 52,9% dei consensi una volta distribuite le preferenze.

Per i laburisti di Albanese quindi una vittoria storica, a tutto campo, in una tornata elettorale che ha confermato la realtà teal e che, non solo ha confermato le sue conquiste del 2022, ma ha allargato la squadra. Grande tonfo anche dei verdi che, al momento, non hanno conquistato ufficialmente nemmeno un seggio, anche se attualmente in vantaggio in quello di Ryan, nel Queensland. A rischio perfino la roccaforte di Melbourne del loro leader Adam Bandt.

Alla chiusura dei conteggi sabato sera, i laburisti avevano già conquistato 85 seggi, i liberali non hanno nemmeno raggiunto quota 40 (36 i collegi confermati).

Dichiarandosi vincitori davanti a una folla di sostenitori trionfanti, Anthony Albanese ha ricordato la campagna laburista, fondamentalmente positiva, concentrata sul futuro, parlando di “coesione sociale, unità, equità, uguaglianza e rispetto per il prossimo”, mettendo in guardia coloro che, tra i presenti in sala, applaudivano l’uscita di scena di Dutton: “In Australia trattiamo le persone con rispetto”, ha dichiarato. 

“Oggi gli australiani hanno votato per i valori e i principi australiani, per l’equità, le aspirazioni e le opportunità per tutti, per la forza di mostrare coraggio davanti alle avversità e per la gentilezza verso chi ne ha bisogno”, ha aggiunto il riconfermato primo ministro.

L’analisi degli ultimi tre anni ci dice che il primo ministro e il suo governo hanno investito molto capitale politico nel referendum perso sull’istituzione della Voce aborigena al parlamento, trascurando altri fattori centrali quali la lotta al carovita. Ma con il fallimento del referendum, la Coalizione si è convinta che la campagna negativa sulla Voce fosse la ricetta per un successo politico su larga scala, trascurando programmi politici seri e credibili. E questa opinione è stata rafforzata dall’elezione alla Casa Bianca di Donald Trump negli Stati Uniti.

Un segnale dell’arroganza che ha pervaso la Coalizione ha avuto prova alla riunione del Consiglio dei ministri ombra, all’inizio dell’anno, quando ai portavoce è stato chiesto di presentare delle lettere di statuto, ovvero ciò che si aspettavano dai propri dipartimenti, una volta divenuti ministri.

I laburisti hanno appreso la lezione del referendum sulla Voce, concentrandosi invece sulle esigenze degli elettori. La Coalizione no. Il ministro del Tesoro, Jim Chalmers, lo ha spiegato eloquentemente durante la diretta televisiva sul conteggio dei voti, dicendo che i laburisti hanno capito, soprattutto in un mondo sempre più incerto, che non potevano permettersi il lusso di perdere tempo su questione di seconda fascia.

Le proposte economiche della Coalizione erano poco credibili. Peter Dutton e il portavoce al Tesoro, Angus Taylor, hanno asserito che avrebbero ottenuto migliori risultati sul fronte dell’inflazione, la produttività e la crescita senza uno straccio di prova, e senza spiegare come avrebbero raggiunto tali risultati.

Sempre più concentrato sulla sicurezza nazionale, la difesa e la protezione delle frontiere, Dutton non si è concentrato più di tanto sui programmi economico-finanziari. La Coalizione ha piuttosto fatto ricorso ai sentimenti anti-immigrazione, tentando di alimentare l’irritazione per il Welcome to Country, suggerendo che il governo Albanese avrebbe riesumato il dibattito sulla Voce, parlando di curriculum scolastico “woke” e, persino, accusando media quali l’emittente pubblica ABC di incitamento all’odio nei confronti dei conservatori, tralasciando invece temi come il costo della vita, la sanità, l’istruzione e la viabilità stradale.

Anche i verdi hanno adottato la politica del risentimento, sonoramente respinti dagli elettori.

La Coalizione ora si ritrova senza neanche un rappresentante nei seggi metropolitani di Adelaide, Hobart e Melbourne e, al momento di andare in stampa, ha conquistato solo un paio di seggi a Brisbane.

Il quadro ovviamente non sarà completato in tempi brevissimi, ma la vittoria di Albanese è nettissima e la bocciatura di Dutton clamorosa e ‘rumorosa’ per la sua entità. E ciò ci riporta a quel messaggio di “unità, equità, uguaglianza e rispetto per il prossimo”, espresso da Albanese nel suo vittorioso discorso, sabato sera, al Canterbury-Hurlstone Park RSL.