I 70 anni di regno da record del Giubileo di Platino della 96enne Elisabetta II sono stati un traguardo epocale da celebrare, per milioni di sudditi e ammiratori, con gli eventi pubblici clou dell’anniversario sull’isola come in altri territori legati alla corona.
I quattro giorni di festa nazionale extra, fissati in calendario dal 2 al 5 giugno al culmine dell’omaggio collettivo all’irriducibile figlia di re Giorgio VI, hanno visto le strade e i luoghi simbolo di Londra adornati con bandiere, festoni modello gran pavese, sfarzosi addobbi floreali che riflettono i colori dell’Union Jack, l’immagine stessa di Sua Maestà e insegne varie della monarchia d’oltre Manica.
La Royal Family si è riunita nella capitale e quindi sparpagliata nelle quattro nazioni del Regno per gli appuntamenti d’occasione organizzati un po’ in tutte le località, grandi e piccole. Segnalate iniziative nei Paesi del Commonwealth, residuo di ciò che fu l’impero britannico ereditato da Elisabetta alla morte prematura del padre nel febbraio del lontano 1952, dopo le visite cerimoniali delle settimane scorse delegate qua e là nel globo all’eterno erede al trono Carlo con la consorte Camilla, a William (secondo in linea di successione) con Kate, o ancora ai principi Anna ed Edoardo: prima linea superstite d’un casato azzoppato di recente dall’esclusione da ogni ruolo di rappresentanza del terzogenito della regina Andrea (coinvolto nello scandalo sessuale Epstein), oltre che dalla rinuncia allo status senior del nipote ribelle Harry con la moglie Meghan.
Il programma ufficiale londinese ha avuto il vero fischio d’inizio con un’edizione speciale della parata di Trooping the Colour dinanzi a Buckingham Palace, al suono del passaggio di 1.400 soldati, 200 cavalli e 400 musicisti, oltre che del sorvolo delle Red Arrows, la pattuglia acrobatica della Raf, cui la sovrana ha assistito dal balcone del palazzo con al fianco uno schieramento di vertici della famiglia reale limitato ai “membri in servizio attivo”. E’ stato poi il turno di una liturgia di ringraziamento ad hoc nella cattedrale di St. Paul per il lungo regno di Elisabetta, in veste di monarca e capo della Chiesa anglicana. E quindi il Platinum Party, animato, sempre attorno a Buckingham Palace, da un corteo di 5.000 artisti di strada, attori, musicisti, acrobati del circo; con il suggello d’un concerto-tributo alla sovrana di star britanniche e mondali (da sir Elton John, Diana Ross, Duran Duran, Nile Rodgers degli Chic e Andrea Bocelli alle novità di Mabel, George Ezra o Sam Ryder).
Fino all’epilogo “popolare” di ieri, domenica, affidato alla kermesse del Big Jubilee Lunch, con banchetti nei giardini pubblici e festival in tutto il Paese. Giornata in cui il parco del castello di Windsor ha ospitato “la più grande tavolata da picnic al mondo” (500 metri per 1.600 invitati “comuni” debitamente prenotati); e sono state aperte ai visitatori altre residenze reali, da Sandringham (Norfolk, Inghilterra) a Balmoral (Scozia). Mentre la tradizionale campana di chiusura dei pub isolani è stata protratta dalle 23 all’una di notte per consentire a tutti di brindare ancora una volta a Elisabetta la longeva, roccia della nazione: intonando, più o meno sobri, “God save the Queen”.
Sono passati quasi 90 anni da quando la piccola principessa Elisabetta apparve per la prima volta sul balcone di Buckingham Palace, un sorriso emozionato sul volto mentre osservava la folla sottostante, in occasione del giubileo d’argento del nonno, Giorgio V. Stavolta è stata lei ad affacciarsi per celebrare i 70 anni sul trono. Il saluto dalla East Front del palazzo è il fulcro delle celebrazioni più importanti del Regno Unito, dalle incoronazioni ai matrimoni, dalla presentazione degli eredi ai giubilei. Un’apparizione che è anche l’occasione per una foto ufficiale, un “affare di Stato” in cui la famiglia reale si mostra al “suo” popolo e al mondo.
Le immagini del saluto reale raccontano i volti mutevoli della monarchia britannica e offrono le istantanee di alcuni dei momenti più importanti della vita di Elisabetta II. Da quando, giovane principessa indossò l’uniforme militare al fianco di Winston Churchill per celebrare la fine della Seconda Guerra Mondiale, all’apparizione, otto anni più tardi, con la corona e le vesti regali, per salutare la marea di sudditi accorsi per festeggiare la sua incoronazione.
Quella del balcone di Buckingham Palace è una tradizione che risale alla regina Vittoria. Con la sua ascesa al trono nel 1837, la Buckingham House, costruita nel 1703 per John Sheffield, primo duca di Buckingham, e acquistata per 21.000 sterline nel 1761 da Giorgio III per la regina Carlotta, divenne residenza ufficiale e casa della Corona a Londra. Nel XIX secolo il palazzo fu ampliato per gestire la mancanza di alloggi privati di una famiglia sempre più numerosa. La “nursery” di Buckingham Palace era diventata troppo piccola e nel 1847 l’architetto Edward Blore propose una soluzione audace: la creazione di una quarta ala lungo il lato est del palazzo, l’ampia East Wing, che si affaccia su The Mall. Su richiesta del principe Alberto, Blore aggiunse anche un balcone per consentire alla famiglia reale di riunirsi in occasione delle apparizioni pubbliche. Qui Vittoria fece la sua prima apparizione durante le celebrazioni per l’apertura della Grande Esposizione del 1851.
L’appuntamento più popolare, solitamente, è quello di giugno, quando la famiglia allargata esce indossando le uniformi, i cappelli e gli abiti più sontuosi per celebrare il compleanno della regina in occasione della parata militare, il Trooping the Color, che si conclude con il saluto al passaggio della Royal Air Force.
Quello del balcone è un momento simbolico che consente anche agli osservatori di fare il punto sullo stato della monarchia britannica e sul suo rapporto con l’opinione pubblica. Anche il numero dei reali presenti in queste occasioni è un fattore. In occasione del Giubileo di Diamante del 2012, la regina si fece accompagnare soltanto dai parenti più stretti: Carlo, Camilla, William, Kate e Harry. Un messaggio rispetto a certi “assembramenti” del passato. E il “momento del balcone” per il Giubileo di Platino di quest’anno passerà alla storia per le assenze tanto quanto le presenze.
Dai tailleur multicolore alle spille, dalle celebri “borse a mano” Launer London agli ombrelli in tinta, la regina Elisabetta II non segue la moda, ma ha fatto del suo stile e della sua immagine un’icona. Ogni vestito che indossa in pubblico è scelto accuratamente per ispirare o ricordare, per esprimere gratitudine o rispetto, per trasmettere potere o complicità, fino a diventare un concentrato di “easter eggs”, di “messaggi nascosti” tutti da decifrare. Non fa tendenza né le segue, il suo è uno stile unico, documentato e studiato sin dalla sua nascita, nei giorni da giovane principessa e dopo l’ascesa al trono.
Con l’abdicazione dello zio e l’ascesa al trono di suo padre, re Giorgio VI, la principessa Elisabetta divenne erede. Il compito di vestire le due principesse, di 11 e 6 anni, e i membri della famiglia reale fu affidato a Norman Hartnell. Per le principessine, lo stilista scelse vestiti con fiocchi e mantelline che segnavano un “un ritorno alla calma affidabilità della monarchia”. Durante la seconda guerra mondiale, la 18enne Elizabeth iniziò a fare più apparizioni pubbliche. Nel 1945, appena 18enne, si arruolò da ausiliaria nell’esercito britannico, studiando da meccanico. In quegli anni indossava abitualmente pantaloni. La comodità è una delle priorità della Regina nella scelta degli abiti. In una delle prime foto con il principe Filippo indossa un vestito semplice, di colore chiaro con le maniche sopra il gomito e tacchi bassi.
Hartnell si ispirò invece al Rinascimento per l’abito nuziale di Sua Maestà. Non senza difficoltà e intoppi “diplomatici”. Era il 20 novembre 1947, nell’immediato dopoguerra, quando la principessa Elisabetta e Filippo Mountbatten, si sposarono nell’abbazia di Westminster a Londra. La futura regina indossava un abito classico, con uno strascico di pizzo ricamato lungo più di quattro metri: gonna svasata di raso color avorio, corpetto, maniche lunghe e fiori di cristallo e perle. Diecimila perle e seta, prodotta nel Kent e tessuta nell’Essex, proveniente da bachi importati, specificarono i giornali, dalla Cina e non dal (nemico) Giappone. Migliaia di persone in tutto il Regno inviarono i loro buoni abbigliamento alla futura Regina per contribuire al pagamento dell’abito, lei rifiutò perché sarebbe stato illegale e il governo le concesse 200 buoni extra. Il Paese aveva bisogno di glamour e di sognare dopo gli anni della guerra. E quel vestito e quel matrimonio trasformarono il sogno in realtà.
Una curiosità: sembra che Elisabetta indossasse come sottoveste un vecchio tubino blu della madre in onore della tradizione che vuole che nel giorno delle nozze la sposa abbia con sè qualcosa di nuovo, di vecchio, di prestato e di blu. Un gesto audace per l’epoca che testimonia l’eccentricità e la modernità che già allora la contraddistingueva. La Regina che conosciamo oggi indossa scarpe comode o francesine, solitamente realizzate a mano da Anello & Davide, una borsa Launer, personalizzata, al braccio e una spilla. Ama i kilt e le gonne in tartan che si addicono alla vita in campagna.
Ma nei primi anni ‘50 sfoggiava abiti stretti in vita o linee a matita dettando la moda del tempo un po’ come oggi fa Kate Middleton e Lady Diana ha fatto prima di lei. Negli anni ‘70 ha ceduto al fascino dei pantaloni, dei capelli raccolti in un turbante prima di approdare ai suoi stilosissimi cappellini. Della Regina è nota anche la passione per i foulard di seta di Hermes. Il brand ha realizzato diversi modelli speciali in suo onore, come la sciarpa a tema equino del 2016 in occasione del suo novantesimo compleanno.
Piuttosto conservatrice nella foggia del vestire, la regina Elisabetta II è famosa per i soprabiti dai colori forti e per i cappelli, che le consentono di essere vista facilmente nella folla. Nonostante la predilezione per i toni pastello, la Regina non disdegna i colori forti, come il giallo che viene spesso scelto per nozze, battesimi e inaugurazioni. Come quella della fermata della metropolitana a lei dedicata in occasione del Giubileo di Platino. Elisabetta II è apparsa a sorpresa con un soprabito giallo acceso e cappello in tinta. Ama il rosa petunia, ma anche il turchese, il verde prato, il rosso geranio e il blu elettrico.
“I have to be seen to be believed” (“devo essere vista per essere creduta”), ha detto più volte la sovrana, scandendo un’antica regola di Buckingham Palace. Anche e soprattutto a molta distanza.