L’esercizio fisico attivo o anche un approccio passivo come la terapia fisica e altre terapie riabilitative, in aggiunta ai farmaci, migliorano sensibilmente la gestione dell’emicrania cronica, riducendo il numero e la densità degli attacchi e migliorando la qualità di vita del paziente, grazie anche alla riduzione sensibile dell’uso di analgesici per la gestione del dolore. Lo conferma uno studio internazionale. Si tratta di un’evidenza importante perché l’esercizio fisico e la terapia fisica passiva sono scevri da effetti collaterali, e risultano quindi particolarmente indicati per quei pazienti che presentano diverse limitazioni prescrittive, ad esempio perché hanno dei fattori di rischio per altre malattie, quali le patologie cardio-cerebro-vascolari, psichiatriche, gastro-enterologiche per le quali i farmaci contro l’emicrania sono sconsigliati, o anche per quei pazienti che sono “resistenti alle cure”, ovvero su cui precedenti trattamenti farmacologici hanno fallito. Lo studio ha coinvolto 108 pazienti con emicrania cronica, a parte dei quali era stata somministrata la tossina botulinica per via infiltrativa locale (OnabotulinumtoxinA), un approccio efficace contro l’emicrania, con dati di efficacia ben consolidati. L’utilizzo combinato del farmaco congiunto all’attività fisica attiva o passiva ha migliorato la disabilità, l’impatto personale e sociale, il numero dei giorni con emicrania e il numero di attacchi nei pazienti. Questo approccio combinato garantisce ai pazienti con emicrania cronica un elevato indice di efficacia superiore alla sola somministrazione di tossina botulinica.
Con l’autunno peggiora l’emicrania
Il cambio di stagione è un momento molto difficile per uomini e donne che soffrono di emicrania con aura. Si tratta di un particolare forma di cefalea nella quale il dolore è preceduto da alcuni sintomi reversibili visivi, motori, sensitivi, della parola e del linguaggio. E’ evidente come alcuni fattori climatici-stagionali possono influire negativamente su tutte le forme di emicrania. La pressione barometrica, che cambia con l’arrivo dell’autunno, l’instabilità climatica, il cambio della luce dovuta al cambio d’inclinazione del sole e la progressiva riduzione delle ore di luce esercitano un effetto destabilizzante sulle nostre reti neuronali inducendo un’ulteriore destabilizzazione dell’ipereccitabilità neuronale della corteccia cerebrale dei pazienti emicranici. Ad aggravare ulteriormente la situazione c’è anche l’aumento dello stress tipico di questo periodo dell’anno in cui la bella stagione termina, le ferie diventano un lontano ricordo e riprendono a pieno ritmo le normali attività lavorative o scolastiche. Per tutti questi motivi marzo/aprile rischiano di essere mesi neri per molte persone afflitte da questa malattia neurologica. L’emicrania con aura non è un semplice mal di testa passeggero. E’ una patologia da non sottovalutare e che rende davvero difficile la vita di tutti i giorni. I sintomi legati all’aura possono durare anche un’ora e determinare un’importante disabilità. Il disagio e la spossatezza post-attacco tendono poi a proseguire anche nelle 24 ore successive. Più della metà dei pazienti ammette di avere gravi limitazioni a svolgere le proprie attività senza problemi mentre solo uno su dieci sostiene di riuscirci. Tutto ciò risulta molto problematico per l’intero sistema socio-sanitario dal momento che l’emicrania colpisce soprattutto la fascia di popolazione in età produttiva. Inoltre è quattro volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini con tutto ciò che ne consegue per i singoli nuclei famigliari. Contro l’emicrania con aura sono disponibili diverse tipologie di cure. Come in ogni altra patologia alcune terapie farmacologiche possono non essere efficaci o scarsamente tollerate. Da qui la necessità nella pratica clinica di approcci alternativi per il trattamento di questa patologia come, per esempio, il ricorso ai nutraceutici. Sono degli integratori alimentari in grado di fornire benefici per la salute e il loro uso sta diventando sempre più diffuso.
Gli astronauti soffrono di mal di testa da spazio
I viaggi nello spazio e l’assenza di gravità possono avere effetti negativi sul corpo, portando gli astronauti a sperimentare mal di testa senza precedenti. Lo dimostra uno studio internazionale. I risultati rivelano che gli astronauti possono soffrire di emicrania e cefalea di tipo tensivo, nel corso di voli spaziali di lunga durata, che comprendono più di dieci giorni nello spazio. I cambiamenti di gravità causati dal volo spaziale influenzano la funzione di molte parti del corpo, compreso il cervello.Il sistema vestibolare, che influenza l’equilibrio e la postura, deve adattarsi al conflitto tra i segnali che si aspetta di ricevere e quelli effettivi che riceve effettivamente in assenza di gravità. Questo può portare a cinetosi spaziale nella prima settimana, di cui il mal di testa è il sintomo più frequentemente riportato. Lo studio dimostra che il mal di testa si manifesta anche dopo il volo spaziale e potrebbe essere legato a un aumento della pressione all’interno del cranio. La ricerca ha coinvolto 24 astronauti dell’Agenzia spaziale europea, della National Aeronautics and Space Administration statunitense e della Japan Aerospace Exploration Agency, che sono stati assegnati a spedizioni sulla Stazione spaziale internazionale per un massimo di 26 settimane da novembre 2011 a giugno 2018. Prima dello studio, nove astronauti hanno dichiarato di non aver mai avuto mal di testa e tre hanno sperimentato un mal di testa tale da interferire con le attività quotidiane nell’ultimo anno. Nessuno di loro aveva una storia di cefalee ricorrenti o aveva mai ricevuto una diagnosi d’emicrania. Sul totale dei partecipanti, 22 astronauti hanno manifestato uno o più episodi di mal di testa durante un totale di 3.596 giorni nello spazio. Prima del volo, gli astronauti hanno completato uno screening sanitario e un questionario sulla loro storia di cefalea. Durante il volo spaziale, gli astronauti hanno compilato un questionario giornaliero per i primi sette giorni e un questionario ogni settimana successiva per tutta la durata della permanenza nella stazione spaziale. Gli astronauti hanno riferito 378 mal di testa durante il volo. I ricercatori hanno scoperto che il 92% degli astronauti ha accusato mal di testa durante il volo, mentre solo il 38% di loro ha accusato cefalea prima del volo. Dei mal di testa totali, 170, ovvero il 90%, erano di tipo tensivo e 19, ovvero il 10%, erano emicranie. I ricercatori hanno anche scoperto che il mal di testa era di maggiore intensità, con probabilità aumentate che fosse di tipo emicranico, durante la prima settimana di volo spaziale. In questo periodo, 21 astronauti hanno riscontrato uno o più mal di testa, per un totale di 51, di cui 39 mal di testa sono stati considerati di tipo tensivo e 12 di tipo emicranico o di probabile emicrania. Nei tre mesi successivi al rientro sulla Terra, nessuno degli astronauti ha riportato di aver avuto particolari episodi di mal di testa. Sono necessarie ulteriori ricerche per svelare le cause alla base della cefalea spaziale ed esplorare come queste scoperte possano fornire spunti per le cefalee che si verificano sulla Terra.