Da quando compaiono i primi sintomi, una persona che soffre di emicrania aspetta in media sette anni per avere una diagnosi, quattro se è un uomo, otto se è una donna. E nella gran parte dei casi c’è molta sottovalutazione di quella che è una vera e propria malattia, non un disturbo. L’uomo è l’unico animale ad avere l’emicrania. E’ una forma di cefalea ricorrente, con attacchi di 4-72 ore, localizzata in un emisfero del capo, con dolore pulsante, e associata a nausea, vomito, fastidio a rumore e luce. A soffrirne nel mondo sono oltre 90 milioni di persone. La prevalenza nel nostro paese è del 9% negli uomini, e quasi quadrupla nelle donne.
Il problema principale, denunciato dai pazienti, è la sottovalutazione a livello culturale della loro malattia, perchè non viene considerata tale. Passa molto tempo prima di avere una diagnosi. Solo il 36% la definisce una malattia, per gli altri invece è un sintomo di altro. E anche se è la seconda malattia più disabilitante per l’essere umano, ha conseguenze sul lavoro solo per il 27,9% e sullo studio per il 18% dei malati. La maggior parte infatti non si assenta dal lavoro, ci va lo stesso anche se rende meno. E questo perchè ha una personalità particolare: ha delle capacità di essere multitasking superiore agli altri, commette pochi errori e dà sempre il massimo di energia. Quello che però serve è essere compresi, che l’emicrania venga riconosciuta come malattia sociale e che sui media si diano informazioni corrette.