Il piccolo virus è riuscito a mettere in ginocchio, come non mai, l’economia globale, colpendo soprattutto i Paesi più deboli o in stato di lento declino come il nostro.
Anche gli italiani nel mondo, direttamente o indirettamente, sono stati toccati da questo fenomeno. Hanno dovuto sottostare ad adempimenti incomprensibili, controlli superflui, autocertificazioni inutili, improbabili quarantene, il tutto con una rete di trasporti inadeguata.
Le Istituzioni hanno diviso il Paese tra untori e unti, nell’alimentare la paura che il virus avrebbe colpito quasi esclusivamente le persone anziane.
Questa convinzione ha innescato un'assurda incomprensione fra generazioni.
I giovani si ritenevano sicuri rispetto ai contagi, mostrandosi platealmente indifferenti a ciò che sarebbe successo alle frange più esposte della popolazione anziana.
Il problema ha avuto anche il suo carattere classista.
I grandi medici, gli alti burocrati e i politici, gli esponenti del mondo dell’arte, dello spettacolo e dello sport, che risiedendo in ville, attici, appartamenti di lusso potevano reggere alla crisi. Anche i dipendenti pubblici (oltre tre milioni) potevano agevolmente reggere, lavorando da casa e con stipendi che comunque correvano interi.
Di fronte stava e sta un mondo di licenziati, cassintegrati, piccoli imprenditori e artigiani, oltre che lavoratori in nero, che non potevano svolgere la loro attività perché colpiti dalle chiusure.
Un elemento che ha avuto un’influenza più diretta sulle nostre migrazioni, soprattutto interne, è stato in qualche modo quello razziale.
In pratica, è successo che il Sud, consideratosi sempre come oggetto di disprezzo da parte del Nord del Paese, poteva finalmente chiudere le porte a veneti, lombardi, emiliani, piemontesi, ecc.. Veniva loro proibito di scendere nelle Regioni libere dal virus.
Tra gli untori erano annoverati anche quei giovani e gli emigrati di un tempo nei riguardi dei quali le società di origine spesso coltivavano il rancore che si riserva a chi ha tradito la patria e la famiglia.
Le immagini del presidente della Sicilia che fermava gli arrivi dei corregionali all’imbarco dei traghetti per Messina o quello della Sardegna, che imponeva che si potesse imbarcare nell’isola solo chi aveva ottenuto il suo personale permesso, o dei controlli alle stazioni di Napoli e Bari, costituiscono l’emblema di questa sorta di razzismo all’inverso unito al risentimento ancestrale nei confronti di chi era “fuggito”.
Che cosa hanno fatto le associazioni di italiani all'estero? La Federazione delle Associazioni dei Sardi, per esempio, ha provato a mettere sul tappeto il problema dei sardi, e non, che avevano le seconde case in Sardegna, ma è stata snobbata dalla Regione, che non ha mostrato alcun riguardo verso gli stessi sardi o altri italiani o stranieri all’estero che hanno interessi concreti verso l’isola oppure s’identificano nei suoi valori.
Anche in questo caso la Regione ha smosso l’opinione pubblica locale, facendo leva sull’inconscia paura della diffusione del virus.
L’altro obiettivo preso di mira è stata l’Unione Europea. L'Italia chiedeva aiuti gratuiti. Diversi Paesi del Nord Europa hanno reagito, com’è noto, etichettando queste richieste come il consueto pretesto del nostro Paese di fare ogni volta finanza allegra per scroccare i soldi ai cosiddetti Paesi frugali (oggi con la pandemia, ieri con i migranti, avantieri con il terrorismo, ecc. ecc.).
I media italiani hanno accusato questi Paesi di essere “ingrati”. A seguito di queste critiche, in Paesi come l’Olanda e la Germania, tanti giovani hanno incontrato non poche difficoltà a rientrare in Italia.
Ma, poi, che fare? Molti pensano di rientrare nella loro Regione. Qualcuno ha perso il posto di lavoro nel Nord Italia o all’estero, altri non vedono un futuro in Gran Bretagna. Le prospettive pertanto rimangono incerte.
Le idee di ripresa che circolano in Italia al momento sono in prevalenza assistenziali. Gli aiuti economici dovrebbero essere utilizzati dai beneficiari a sostegno dell’economia locale; quelli europei non arriveranno prima dei prossimi anni.
Per quanto riguarda gli esodi, se si avverano le speranze e l’ottimismo di chi ritiene che al declino seguirà la risalita, dal 2021 il contenimento delle uscite potrà essere una realtà. E altrettanto i rientri di recenti expat e di figli di vecchi emigranti.
Articolo di ALDO ALEDDA a cura di GERMANO SPAGNOLO in collaborazione con il Circolo Sardi di Melbourne.