Emma McKeon, l’atleta olimpionica di maggior successo in Australia, in realtà ha smesso di nuotare diverse volte prima di raggiungere l’Olimpo dei grandi campioni. Una storia che non tutti conoscono e che avrebbe potuto privare il Paese del suo fenomeno che, fra l’altro, è una figlia d’arte.
La nuotatrice nata a Wollongong, infatti, non è l’unica olimpionica nella sua famiglia: il fratello David ha gareggiato ai Giochi del 2012 e 2016, il padre Ron era in piscina nel 1980 e nel 1984 e lo zio Rob Woodhouse ha gareggiato alle Olimpiadi del 1984 e del 1988.
La madre Sue non è mai arrivata alle Olimpiadi, ma non è stata nemmeno a guardare, nuotando ai Giochi del Commonwealth del 1982. Emma McKeon è appena agli inizi della sua carriera, ma li ha superati tutti, vincendo sette medaglie a Tokyo, il che la mette al primo posto per il numero di medaglie vinte da un’atleta donna in una singola Olimpiade. A questi successi vanno aggiunti i quattro di Rio nel 2016, per un bottino totale di 11 medaglie olimpiche: più di qualsiasi altra australiana.
E pensare che dieci anni fa Emma si era stancata di nuotare e voleva abbandonare tutto. Il fratello David ha detto che, nonostante il pedigree familiare (e il fatto che mamma e papà gestiscano una scuola di nuoto), né lui, né Emma sono stati sempre felici di dedicarsi al nuoto. Nella sua adolescenza, ha detto il fratello, in particolare Emma ha lottato contro questo sport.
“Ha nuotato quando era più giovane, ha fatto carriera e si è fermata e ha continuato così tante volte durante gli anni dell’adolescenza”, ha detto David. “Nel 2010 è entrata nella squadra all’Australian Open ed è andata al World Short Course a Dubai, poi ha smesso”.
Ha ripreso a nuotare di nuovo poco prima delle prove olimpiche nel 2012. Ma perdere la qualificazione per Londra per appena un decimo di secondo è stato particolarmente difficile da gestire per l’allora 17enne che ancora aveva pensato di abbandonare.
Qualcosa è cambiato, però, quando è andata a Londra per vedere il fratello David gareggiare. Si è resa conto di quanto lavoro fosse necessario per raggiungere quel livello e, cosa più importante, ha capito che il rapporto conflittuale con quello sport era in realtà amore. Passione pura.
Da lì, infatti, è iniziato il suo destino: il suo record in grandi eventi che l’hanno vista conquistare sette medaglie a Tokyo. Ha vinto due medaglie d’argento ai Campionati del mondo 2013, sei medaglie (quattro delle quali d’oro) un anno dopo ai Giochi del Commonwealth, e un oro e un bronzo ai campionati del mondo 2015. La sua prima Olimpiade è arrivata a Rio nel 2016, dove ha vinto quattro medaglie. I campionati del mondo del 2017 l’hanno vista mettere in valigia altre sei medaglie, ed erano di nuovo sei (di cui quattro d’oro) ai Giochi del Commonwealth 2018 sulla Gold Coast. In totale 26 medaglie da quando è tornata in piscina nel 2012.
Papà Ron ha detto che il risultato di Tokyo è stato migliore dei Giochi di Rio perché Emma ha avuto cinque anni per maturare. “Penso che uscendo da Rio abbia preso una decisione e abbia iniziato a capire cosa significa veramente sacrificarsi per prepararsi ad affrontare il meglio del meglio dello sporto mondiale”, ha detto il padre di Emma.
“Certamente ha capito il tipo di pressione che si deve sostenere ai Giochi Olimpici. È un livello diverso anche da un campionato del mondo. Ancora più complicato e penso Emma abbia capito e si sia preparata con la giusta determinazione assieme al suo allenatore che ha tracciato programmi e strategie perché arrivasse pronto alle Olimpiadi”.
Wollongong è pronta a onorare quella che potrebbe diventare la più grande degli olimpionici australiani, anche se nessuno sa cosa riserva il futuro di Emma che la sua famiglia descrive come una ragazza dal profilo basso, una casalinga, che non ama le luci della ribalta al punto che anche le discussioni ora in corso in consiglio comunale su come onorarla a dovere, “potrebbero mettere Emma a disagio”, avverte il papà. “Se l’idea fosse quella di realizzarle una statua o qualcosa del genere credo resterebbe inorridita”, ha scherzato il genitore. “Meglio una piscina o qualcosa che porta il suo nome – per ricordarla nel corso degli anni”.