HOBART – Le carcasse di 157 pseudorche (Pseudorca crassidens, il nome scientifico), coinvolte in uno spiaggiamento di massa, potrebbero essere lasciate su una spiaggia remota della zona ovest.

Il gruppo di cetacei è stato avvistato per la prima volta martedì sera, bloccato vicino ad Arthur River, sulla costa occidentale della Tasmania, un’area in cui in passato è già avvenuto questo tipo di eventi.

Mercoledì pomeriggio, gli operatori della fauna selvatica hanno preso la difficile decisione di sopprimere 90 esemplari ancora vivi dopo i tentativi falliti di riportarli in mare.

Brendon Clark, del Tasmania Parks and Wildlife Service, ha dichiarato che il processo di eutanasia è stato completato giovedì, sottolineando che la decisione non è stata presa alla leggera ed è stata adottata per non fare soffrire inutilmente gli animali, dopo consultazioni con veterinari esperti.

“L’eutanasia è sempre l’ultima risorsa. Queste decisioni sono molto difficili da prendere e possono essere molto emotive per la comunità; lo comprendiamo perfettamente – ha detto Clark –. È anche un processo molto impegnativo dal punto di vista emotivo per il nostro personale coinvolto, e abbiamo attivato le nostre reti di supporto interne per loro”.

Una decisione su cosa fare con le carcasse sarà presa nei prossimi giorni. Le opzioni includono il loro trasporto in un’area di smaltimento o la sepoltura sul posto. “Potrebbe essere che le carcasse rimangano sul posto nell’immediato futuro”, ha detto Clark. Ha aggiunto che il suo dipartimento sta collaborando con la comunità aborigena per valutare se l’uso di macchinari possa avere un impatto su siti culturalmente sensibili nelle vicinanze.

“Campioni fossili indicano che questo tipo di spiaggiamenti si verifica in questa particolare area da molto, molto tempo. Centinaia, se non migliaia di anni”, ha concluso Clark.

Saranno eseguite autopsie sulle pseudorche, tecnicamente una specie di delfino nonostante il loro nome, per cercare di capire perché si siano spiaggiate. “Non è spesso chiaro il motivo per cui le balene si spiaggiano”, ha dichiarato Angus Henderson, membro dell’Institute of Marine and Antarctic Studies dell’Unversità della Tasmania. “Ci sono molte cause naturali come malattie, perdita dell’orientamento, le condizioni meteo e persino le anomalie magnetiche”.

Di solito, infatti, si può tentare di rimettere in acqua animali così grossi con attrezzature e macchinari specifici. Ma stavolta, a frenare le operazioni, è stata la conformazione del luogo, l’accessibilità limitata e le difficoltà di spostamento e trasporto. Anche perché si tratta di una specie il cui peso oscilla tra i 500 chilogrammi e le tre tonnellate, con una lunghezza che può toccare i sei metri.