TIRANA - La capitale dell’Albania costellata di bandiere turche e bandiere albanesi, l’aeroporto, i luoghi principali del centro, ma anche tutta la strada dov’è previsto il passaggio del convoglio del presidente Recep Tayyip Erdogan, sono tappezzate dei vessilli dei due Paesi.
È la calorosa accoglienza che il premier albanese Edy Rama riserva al leader turco, suo grande amico e personaggio amato da gran parte della popolazione albanese. Oltre a ribadire l’amicizia con il premier albanese e con il presidente Bajram Begaj, Erdogan inaugurerà la moschea Namazgah, la più grande dei Balcani, costruita con denaro turco in perfetto stile ottomano.
È un modo per ribadire la storica influenza turca nell’area, risultato di una dominazione durata dal 1385 al 1912, quando il piccolo Stato dell’Adriatico ha fatto formalmente parte dell’impero ottomano. Una folla di persone attende Erdogan per l’apertura della nuova grande moschea, destinata a svettare con minareti di 35 metri, risultato di un progetto iniziato nel 2015 e che include una biblioteca, una libreria, una scuola coranica, un teatro, una sala conferenze e un “museo della coesistenza”.
Con questa iniziativa l’influenza della Turchia torna a prevalere su quella dell’Arabia Saudita, che nei decenni passati ha finanziato la costruzione di luoghi di culto nelle aree musulmane dei Balcani nel tentativo di diffondere la dottrina wahabita. In un’area in cui questioni religiose hanno nel recente passato costituito motivo di tensioni e scontri, la nuova moschea ha risvegliato nella popolazione sentimenti nazionalistici e identitari e, di conseguenza, accresciuto il gradimento nei confronti del leader turco.
Oltre al premier Rama e al presidente Begaj, il sunnita Erdogan incontrerà Edmond Brahimaj, conosciuto come Baba Mundi, leader della setta dei Bektashi, musulmani sufisti di ispirazione sciita.
Erdogan e Rama si erano già incontrati poche settimane fa a New York, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per parlare di relazioni bilaterali e della crisi di Gaza, su cui i due Paesi condividono la stessa posizione, denunciando “il genocidio in corso” e chiedendo un cessate il fuoco.
Nel 2023 i due Paesi hanno celebrato il centenario delle relazioni diplomatiche, iniziate nel 1923 con la firma di un protocollo il cui titolo è emblematico: “Accordo sulla amicizia e cooperazione eterna”. L’eredità ottomana lasciava spazio a una convergenza politica, la base di un dialogo che poi con il tempo si è trasformato in una partnership strategica che spazia in vari campi: dalla sanità alla difesa, dalla cultura all’industria.
Tuttavia, con l’ascesa al potere di un governo comunista in Albania nel 1944 i rapporti tra i due Paesi si azzerarono. Il presidente Enver Hoxha rifiutò di riconoscere le intese siglate dai precedenti governi e fino al 1959 Ankara e Tirana non si parlarono. Per una ripresa del dialogo tra i due Paesi fu necessario aspettare fino al 1991, anno del collasso del regime comunista albanese.
È però con l’ascesa al potere di Edy Rama che si assiste a una forte accelerazione: nel 2013 il premier dichiara che il proprio governo è pronto a sostenere “una partnership strategica forte con la Turchia”. A partire da quel momento si sono moltiplicate visite e contatti e la comunità turca in Albania è progressivamente cresciuta, al punto che oggi si contano 600 aziende turche nel Paese, l’interscambio commerciale è raddoppiato: il prossimo obiettivo è arrivare a 2 miliardi di dollari.
Allo stesso tempo molti studenti albanesi hanno ottenuto borse di studio per frequentare università turche. Un'analoga forma di soft power è praticata da Ankara anche con Paesi africani, per costruire un legame tra la Turchia e la futura classe dirigente di Paesi in via di sviluppo. In questi anni l’esercito di Ankara ha fornito mezzi, armamenti e formazione alle truppe albanesi, mentre in ambito sanitario il governo turco ha finanziato la costruzione di un ospedale e inviato ambulanze e attrezzature mediche.
Il sostegno di Ankara non è mancato neanche in occasione dei terremoti che hanno colpito l’Albania o in tempi di pandemia. Una collaborazione costante, coronata dal protocollo di intesa strategica firmato nel 2021 da Rama ed Erdogan, in cui viene sancita una cooperazione basata sulla “tradizionale amicizia e sul vivere insieme che ha caratterizzato i nostri rapporti”.
Con le relazioni ormai a livello di partnership strategica i rapporti sono diventati ancora più stretti e Tirana ne ha approfittato per dotare il proprio esercito degli ormai famigerati droni da combattimento turchi, TB2 Bayraktar.
Ma Ankara si occupa anche di restaurare antichi monumenti ottomani e vecchie moschee, le compagnie di bandiera dei due Paesi portano avanti una partnership da tre anni, la collaborazione in ambito universitario è diventata più profonda, così come la collaborazione tra media, mentre ampio spazio hanno trovato progetti comuni in ambito ambientale e agricolo.
Il premier albanese garantì al leader turco la massima collaborazione nella lotta a Fetullah Gulen in seguito al golpe fallito in Turchia nel 2016: sono stati smantellati gli interessi e le scuole del magnate residente negli Usa, accusato di essere la mente del golpe.