Allem era l’amatissimo figlio unico di Ali e Dina Halkic, un adolescente allegro e pieno di energia. Nel febbraio del 2009, a soli 17 anni, Allem si è tolto la vita a causa di ripetuti episodi di cyberbullismo, buttandosi dal West Gate Bridge. Fu solo nel 2011 che Allem venne riconosciuto come vittima di un crimine. L’anno seguente Ali Halkic incontrò Adam Centorrino, giovane fenomeno di informatica, e i due fondarono l’associazione no-profit Bully Zero Australia Foundation.
“Sono uno di quei nerds che si innamorano dei computer da bambini - racconta Centorrino -. Ero al quinto anno della scuola primaria quando ricevetti il mio primo pc. Immaginati la faccia di mio padre quando scoprì che l’avevo smontato pezzo per pezzo il giorno stesso. ‘Ma cosa hai fatto? – esclamò –. L’ho appena comprato!’ Da quel momento ho cominciato subito a lavorare con i computer, a partire dalla rete IT della mia scuola elementare. Poi all’Anno 8 delle superiori, presso il Loyola College, sono stato assunto dalla scuola per gestire il loro network, un impiego che ho mantenuto fino all’Anno 12. Era normale in quegli anni andare a casa degli insegnanti per aiutarli a risolvere problemi con il computer”.
Entrato alla Melbourne University grazie a un buon punteggio al VCE (“c’era molta pressione da parte dei miei genitori, entrambi insegnanti di italiano”), dopo solo quattro ore Adam capì che altri cinque anni di lezioni non facevano per lui. “Avevo alle spalle quasi sette anni di esperienza e la gestione di una rete di 1300 computer. Ho chiesto di poter saltare alcuni corsi e sostenere direttamente gli esami, ma non mi fu consentito. Così a 18 anni ho fondato la mia attività”.
La Centorrino Technologies, basata nel Victoria ma con uffici anche in altri Stati, ora conta 150 dipendenti a tempo pieno, e gestisce le reti informatiche di scuole, uffici governativi e privati.
“Tramite un amico in comune ho conosciuto Ali Halkic. La sua storia mi turbò profondamente. Ero anch’io appena ventenne e appassionato di tecnologia, ma anche consapevole dell’enorme impatto del cyberbullismo. Durante la mia infanzia, quando si tornava a casa dalla scuola, ci si sentiva al sicuro, protetti. Adesso la scuola ti segue anche a casa, e se sei vittima di bullismo a scuola verosimilmente continui a esserlo anche a casa”.
Adam ricorda ovviamente le storie dei genitori, entrambi originari della Sicilia, delle prese in giro perché a scuola portavano una merenda “strana” agli occhi degli australiani. “Alle elementari c’erano alcuni bambini un po’ sovrappeso che venivano presi di mira, un comportamento che mi metteva a disagio. Poi alle scuole superiori ero sempre tra persone adulte, perché avevo il mio lavoro di tecnico informatico. Ero un ragazzo molto più maturo dei miei anni e credo anche che non ci fossero molti problemi di bullismo al Loyola College. La storia di Ali mi ha profondamente commosso: scoprire che una famiglia era stata distrutta da uno strumento di cui io ero così appassionato mi ha messo in crisi. Così ho capito che le mie doti da informatico dovevano essere usate per una buona causa, aiutando le persone a usare la tecnologia in modo corretto”.
La Bully Zero Australia Foundation si basa su tre pilastri: educazione, patrocinio e supporto.
“L’educazione nelle scuole è fondamentale – spiega Centorrino -. Vogliamo arrivare dai ragazzi prima che cominci il bullismo. Abbiamo messo a punto dei programmi didattici mirati, anche in base alla fascia d’età. Ad esempio, nelle scuole primarie usiamo la metafora della mela. Invitiamo i bambini a dire cattiverie alla mela per poi osservarla dall’esterno e dall’interno. Da fuori la mela sembra a posto, ma quando la tagliamo a metà vediamo che dentro è sciupata. Questo per far capire che una persona può mostrare una facciata forte e allegra che però non riflette il suo stato interiore. Poi ci rivolgiamo ai genitori per aiutarli a offrire il giusto sostegno ai ragazzi. Di solito un genitore sa benissimo se suo figlio è un bullo, una vittima o un testimone di bullismo. Nei posti di lavoro cerchiamo di fare chiarezza sulla differenza tra uno scherzo e un atto di bullismo, definendo cosa è accettabile e dove va posto un limite. C’è la battuta fatta una volta e ci sono gli scherzi che vanno avanti troppo a lungo”.
Il secondo pilastro si basa sul patrocinio, facendo leva su governi e istituzioni per promuovere il cambiamento a livello politico e legislativo. “Ad esempio, qui nello Stato del Victoria il bullismo è considerato un crimine dal 2014, grazie anche alle pressioni esercitate dalla nostra fondazione e dalla famiglia Panlock, la cui figlia Brodie si era suicidata dopo avere subito bullismo sul lavoro”.
Infine, il terzo e ultimo pilastro è quello del supporto, attraverso una comunicazione chiara ed efficace con la comunità, basata su studi e dati statistici. “Spieghiamo alle persone quello che possono fare per intervenire e per evitare che succeda. Ci concentriamo sulla prevenzione”.
Oggigiorno il bullismo ha ramificazioni vaste e profonde e per Centorrino la strada da percorrere è ancora molto lunga. “Siamo solo all’1% del traguardo. In Australia ogni 15 secondi un ragazzino è vittima di bullismo”.