TALLINN - Nella mattinata del 17 dicembre, la tensione lungo il confine orientale dell’Estonia è salita nuovamente. Tre guardie di frontiera russe hanno attraversato illegalmente il confine nazionale lungo il fiume Narva, addentrandosi in territorio estone – e quindi in territorio Nato - per circa venti minuti. L’episodio, confermato dal Ministero dell’Interno di Tallinn e dall’emittente Err, è avvenuto nei pressi della diga dove il fiume confluisce nel lago Peipus.  

Sebbene il ministro dell’Interno Igor Taro abbia rassicurato l’opinione pubblica parlando di “nessuna minaccia immediata”, la diplomazia estone ha già convocato un rappresentante di Mosca per chiarimenti ufficiali. Resta infatti il dubbio centrale: si è trattato di un errore tecnico o di una provocazione deliberata? 

Se analizzato singolarmente, uno sconfinamento di venti minuti potrebbe sembrare un incidente trascurabile. Tuttavia, inserito nel contesto degli ultimi mesi, il quadro si fa più preoccupante. Come evidenziato da Elizabeth Braw (Atlantic Council) su Foreign Policy, ci troviamo di fronte alla cosiddetta “gray-zone aggression” (aggressione nella zona grigia). 

Questa tattica russa consiste in azioni che restano deliberatamente sotto la soglia del conflitto aperto, ma che servono, da una parte, a testare i riflessi della Nato, e quindi vedere quanto tempo impiegano le autorità a reagire. Mentre, dall’altra parte, mirano a normalizzare l’illegalità, facendo che piccole violazioni diventino “routine”, rendendo difficile giustificare una risposta dura, oltre ad intimidire i vicini, ricordando ai Paesi baltici che la loro sovranità è fragile. 

L’incursione del 17 dicembre è solo l’ultimo tassello di un mosaico di micro-aggressioni geopolitiche. Solo nell’ultimo anno l’Estonia ha registrato la rimozione notturna da parte russa delle boe che segnalavano il confine sul Narva (avvenuta nel maggio 2024); l’avvistamento di una motovedetta russa avvistata con la bandiera del gruppo Wagner (novembre 2024); la violazione dello spazio aereo da parte di tre caccia MiG-31 per oltre dieci minuti (settembre 2024); oltre ai costanti disturbi ai segnali Gps che mettono a rischio l’aviazione civile nel Baltico. 

Il vero successo della strategia russa risiede nel vuoto normativo che crea. Queste azioni non sono sufficienti a far scattare l’Articolo 5 (difesa collettiva), poiché non costituiscono un attacco armato su vasta scala. Persino l’Articolo 4 (consultazioni in caso di minaccia all’integrità territoriale) viene spesso percepito come una reazione eccessiva per “soli venti minuti di sconfinamento”. 

Tuttavia, il rischio sottolineato da esperti e leader baltici è che l’assenza di una risposta chiara incoraggi Mosca ad alzare ulteriormente l’asticella. L’ex presidente estone Toomas Hendrik Ilves ha ammonito che queste “micro-aggressioni” sono parte di una guerra psicologica a lungo termine. 

In un momento in cui i vertici militari europei avvertono di un possibile scontro diretto con la Russia entro i prossimi cinque anni, la gestione dei 294 chilometri di confine estone diventa cruciale. Tallinn ha già rafforzato le pattuglie e accelerato i lavori per la recinzione hi-tech lungo la frontiera. 

Come conclude l’analisi di Elizabeth Braw, la sicurezza del fianco orientale non si gioca più solo sulla capacità di respingere i carri armati, ma sulla capacità di riconoscere che anche un passo falso su un fiume può essere l’inizio di un’offensiva molto più vasta.