SYDNEY - Finora l’obbligo era riservato solo ai prodotti confezionati venduti nei supermercati, ma con questa novità, il settore della ristorazione dovrà adeguarsi, in linea con le richieste avanzate da Seafood Industry Australia.

Il mercato ittico australiano vale circa 3 miliardi di dollari, ma oltre il 60% del pesce consumato proviene dall’estero. L’amministratrice delegata di SIA, Veronica Papacosta, ha spiegato che molti clienti presumono, erroneamente, che il pesce servito nei locali sia australiano.

“Non tutti i prodotti importati sono scadenti - ha chiarito Papacosta -. Ma serve trasparenza per permettere scelte consapevoli”.

Papacosta ha aggiunto che l’etichettatura è particolarmente utile per il pesce, la cui qualità può variare notevolmente a seconda dell’origine.

Will Mure, direttore del rinomato ristorante ittico Mures a Hobart, ha accolto con favore la riforma, sottolineando che i pescatori australiani rispettano elevati standard etici e ambientali, anche grazie a quote di pesca rigorose.

“Il pesce australiano è sostenibile, etico e gestito in modo esemplare. Vale di più, ma garantisce qualità e tracciabilità”, ha detto Mure.

Il governo ha previsto un anno di transizione con una consultazione finale di quattro settimane. SIA collaborerà con il Dipartimento delle Industrie Primarie per aiutare le imprese ad adattarsi.

Papacosta ha invitato i ristoratori a confrontarsi con clienti e fornitori e a rivedere i menu per rispettare la nuova normativa.

Una riforma che, secondo il settore, rafforzerà la fiducia dei consumatori nel pesce “Made in Australia”.