BERLINO - Czeslaw Kukuczka era stato un fervente socialista in gioventù, ma si era presto disamorato dell’Idea e per anni si era arrabattato con dei lavoretti fino a che non aveva finito per indossare la divisa da pompiere a Jaworzno, la città della Slesia polacca assurta all’infamia della Storia per aver ospitato un campo di sterminio nazista. Un piantagrane, si diceva, passato per la galera per appropriazione indebita e che non si era fatto scrupolo di sparire da casa - dove aveva moglie e tre figli - per ricomparire settimane dopo, in una gelida mattina del marzo del 1974, negli uffici del consolato polacco a Berlino, ‘armato’ di un filo collegato a un interruttore che spariva in una manica del cappotto.  

Agli impiegati disse che se non gli avessero concesso un visto per passare a Ovest si sarebbe fatto saltare in aria in mezzo a loro e che se non fosse uscito sano e salvo - e con il passi - dalla missione diplomatica, un complice avrebbe fatto esplodere una bomba nell’Istituto polacco di cultura. 

Poche ore dopo, tre studentesse della Germania Ovest che tornavano da una gita “nell’esotica” Berlino Est, videro un uomo superarle in malo modo al valico di frontiera di Friedrichstrasse. Era vestito in modo sciatto, ma sembrava felice: in una mano stringeva un passaporto e nell’altra un visto. Non potevano sapere che Czeslaw Kukuczka era a un passo dalla libertà, pronto a raggiungere le sue zie a Hollywood, non quella dei sogni in California, ma quella più modesta in Florida. Sorrideva, il trentottenne di Jaworzno, anche mentre alle sue spalle un uomo in cappotto nero e occhiali scuri sollevava una Walther PPK, gli appoggiava la canna alla nuca e premeva il grilletto. 

Dopo quasi mezzo secolo sono state quelle tre studentesse a riconoscere Martin Naumann nell’uomo dietro le lenti scure e nel cappotto nero. E la loro testimonianza è stata determinante per condannare l’ormai 80enne ex agente della Stasi, la polizia segreta della Germania dell’Est, a 10 anni di carcere per omicidio. 

La sentenza, che arriva quasi 35 anni dopo la caduta del Muro di Berlino, segna la prima condanna inflitta a un ex agente della Stasi per un omicidio commesso in servizio. Naumann aveva ricevuto dai suoi comandanti l’ordine di “rendere inoffensivo” Kukuczka, un eufemismo per indicare l’assassinio dei dissidenti. Il giudice Bernd Miczajka ha espresso rammarico per il fatto che coloro che diedero l’ordine non possono più essere processati e ha sottolineato come Naumann abbia commesso l’omicidio “senza pietà”. 

La condanna, ha detto Daniela Muenkel, responsabile degli archivi della Stasi a Berlino, ha un “grande significato simbolico” negli sforzi della Germania di espiare le crudeltà commesse dalla dittatura comunista. I pubblici ministeri avevano chiesto la condanna a 12 anni per Naumann che ha negato le accuse e si è sempre rifiutato di rivolgersi alla Corte. I suoi avvocati hanno sostenuto che nulla provava che fosse stato lui a sparare o che piuttosto non si trattasse di omicidio colposo, per il quale sarebbero già trascorsi i termini di prescrizione. 

Il Tribunale ha deciso altrimenti. In totale, almeno 140 persone furono uccise mentre tentavano di attraversare il Muro di Berlino tra il 1961 e il 1989, e centinaia di altre morirono nel tentativo di fuggire dalla Germania dell’Est con altri mezzi. Le indagini iniziali sulla morte di Kukuczka negli anni ‘90 non avevano portato a nulla, ma il caso fu ripreso dopo che la Polonia emise un mandato di arresto europeo per Naumann nel 2021.  

Il ritardo decennale illustra le sfide che la Germania ha dovuto affrontare nel rendere giustizia alle vittime dell’ex governo comunista. Durante gli anni ‘90, un totale di 251 persone sono state accusate di crimini commessi per conto della Stasi; tuttavia, due terzi dei procedimenti penali si sono conclusi con un’assoluzione o senza un verdetto e solo 87 imputati sono stati condannati, la maggior parte con condanne lievi.