Imparare a non prendersi troppo sul serio, nemmeno nelle situazioni difficili è una dote rara, ma lo è ancora di più riuscire a far riflettere su temi importanti facendo divertire. 

Fabio Motta è un maestro in questo e lo dimostra nel suo ultimo spettacolo Spot, in scena dal 5 al 15 aprile all’Explosives Factory di St Kilda, nell’ambito del Melbourne International Comedy Festival, dopo il tutto esaurito della stagione 2021.

In dieci serate, l’attore italo-australiano racconterà in stile bouffon la storia di Mario, un giovane immigrato, e del suo alter ego Spot.

Vestendo i panni di diciotto personaggi, in 75 minuti di satira Motta accompagnerà il pubblico attraverso le difficoltà dell’immigrazione, senza mai smettere di far ridere. 

Fabio Motta si è trasferito a Melbourne dalla provincia di Lecco insieme alla famiglia, quando aveva sette anni; senza sapere una parola di inglese ha affrontato la fatica di imparare una nuova lingua mentre cercava di integrarsi in un mondo dove stentava a riconoscersi.

“Non mi sentivo australiano, ma non mi rispecchiavo nell’immagine degli italo-australiani che incontravo nella mia nuova città, o nell’immaginario collettivo”, racconta.

Il lieve accento rimasto, a testimonianza di un viaggio lungo oltre 16mila chilometri e il differente modo di esprimere i propri sentimenti, hanno reso difficile per l’attore essere selezionato per ruoli che non fossero quelli dell’italiano; così, quando è arrivato il rifiuto dalla scuola di recitazione di Melbourne, ha deciso di andare a studiare commedia dell’arte all’Accademia Teatrale Veneta, a Venezia.

“Per un certo periodo di tempo avrei voluto eliminare la mia italianità, ma appena sono arrivato in Italia, mi sono sentito a casa. In Australia mi dicevano che ‘ero troppo’, che dovevo essere più naturale e non dimostrare in maniera eccessiva le emozioni; con la commedia dell’arte mi sentivo totalmente libero di esprimermi, il linguaggio non era più una barriera, non avevo limiti”, racconta l’attore.

Non solo l’Italia, per studiare Fabio Motta trascorre un periodo anche a New York, dove ricorda di aver riguardato i film di Totò e alcuni spettacoli di Dario Fo che lo hanno spinto verso quella direzione artistica che lo caratterizza oggi, tra clown, commedia dell’arte e bouffon.

“Dario Fo è stato per me di grande ispirazione: con la sua parodia satirica era in grado di raccontare una storia in maniera divertente, ma oltre la satira c’erano sempre dei significati importanti. Mistero buffo, ad esempio, mi ha ispirato a creare un solo show con tanti personaggi”, spiega Motta.

Da qui e dal suo vissuto personale nasce l’idea di Spot e della storia di Mario raccontata attraverso diciotto personaggi: “È molto faticoso, ma anche divertente. Volevo rappresentare il mondo dell’immigrato e per farlo mi serviva il punto di vista di tutte le persone coinvolte nella storia”, sottolinea. 

Lo spettacolo affronta anche i temi del rispetto per il diverso e per gli immigrati; attraverso il racconto dell’attore, che parla di integrazione e accoglienza, si pone l’accento sul fatto che l’Australia è, tutto sommato, meno ospitale di quel che si pensa. 

“In Australia si cerca di fare diventare l’integrazione una realtà, ma lo si fa in maniera un po’ troppo generica, indotta e poco spontanea, c’è ancora da lavorare e la domanda sull’identità è per me ancora molto presente”, aggiunge Motta. 

Ripensa con tenerezza a quando è arrivato a Melbourne: già allora aveva le idee molto chiare sul fatto che da grande sarebbe stato un attore, andare a scuola era per lui l’occasione perfetta per fare pratica con i suoi amici: “Proponevo a tutti di riprodurre le scene di qualche film e distribuivo le parti tra i miei compagni – racconta ridendo –. E a quel bambino di sette anni, oggi, direi di non cercare di fare il bravo, ma di essere semplicemente se stesso”.