PARIGI - Per Federica Buccheri la fotografia è innanzitutto una pratica di attenzione. Scattare, per lei, significa rallentare lo sguardo, interrogare ciò che si ha di fronte, sospendere il flusso delle cose per stabilire un contatto. “Non ho mai visto la fotografia come un semplice mezzo per documentare. È un modo per dare tempo allo sguardo, per capire cosa sto guardando e perché. È un atto di presenza”.

La sua ricerca fotografica è legata a un’estetica intima, minimale, costruita su dettagli, luci delicate e colori desaturati. Uno stile che riflette la sua inclinazione verso la lentezza e la contemplazione. “Scattare una fotografia, per me, significa fermarsi. È un atto che ti obbliga a osservare davvero, ad andare oltre la prima impressione”.

Nata a Catania, Buccheri ha lasciato la Sicilia subito dopo il liceo. Da una parte la spingeva la curiosità di esplorare il mondo, dall’altra una profonda insofferenza nei confronti di una regione che definisce “complessa”, in cui non riusciva a intravedere un futuro.

A Milano ha studiato Economia e Management per i settori culturali all’Università Bocconi, convinta inizialmente di voler lavorare nel settore artistico da una posizione organizzativa e manageriale. “Per insicurezza e inesperienza non avevo mai preso in considerazione l’idea di far parte in modo diretto del processo creativo. Mi vedevo più come una figura di supporto, qualcuno che rende possibile la fruizione dell’arte, non la sua produzione”.

Ha collaborato con festival cinematografici, piccole distribuzioni e progetti culturali, ma le difficoltà del mercato italiano post-pandemia e la precarietà del settore l’hanno portata a guardare all’estero. Dopo un Erasmus a Parigi durante gli anni universitari, ha scelto la capitale francese per ricominciare.

Nel 2022 ha ottenuto un contratto in una galleria d’arte online come sales assistant per il mercato italiano e svizzero. È stato più tardi che ha iniziato a maturare una riflessione più radicale sul proprio percorso: “Per l’ennesima volta avevo iniziato un lavoro e, dopo un mese, già non ne potevo più. È stato allora che ho smesso di pensare che il problema fosse sempre il posto in cui mi trovavo. Ho iniziato a chiedermi se, invece, non fossi io a non essere sulla mia strada”.

Uno scatto del progetto One face, one race realizzato nel Peloponneso, alla ricerca delle corrispondenze visive e del dialogo invisibile tra questa terra e la Sicilia.

La passione per la fotografia era nata qualche anno prima, nel 2018, durante un semestre di studio in Giappone. Di fronte all’impatto visivo e culturale di Tokyo, Buccheri ha avvertito la necessità di documentare. “È stato mio padre a prestarmi la sua macchina fotografica prima della partenza. All’inizio la usavo in automatico, senza sapere nulla di tecnica. Ma ho capito subito che era uno strumento compatibile con il tipo di sensibilità che stavo sviluppando. Per la prima volta ero costretta a rallentare, a fermarmi dieci minuti nello stesso punto per aspettare la luce o l’inquadratura giusta”.

Al ritorno in Italia la fotografia è rimasta un interesse marginale, ma con la pandemia e il primo lockdown ha iniziato ad approfondirla tecnicamente. Il passaggio decisivo è avvenuto nel 2023, dopo un licenziamento. Di fronte alla possibilità di restare in un’azienda sicura ma insoddisfacente, ha scelto di lasciare tutto. “Per la prima volta ho sentito che volevo ascoltare quella voce che mi diceva di smettere di camminare in una direzione sbagliata. Non so come andrà da un punto di vista economico, ma oggi sento finalmente di essere nel posto giusto”.

Il suo approccio alla fotografia, oggi, è lontano dalla fotografia di strada degli esordi. “All’inizio scattavo per curiosità, osservavo la quotidianità urbana. Oggi ho bisogno di stabilire un rapporto più profondo con il soggetto. Non basta un’immagine rubata. Cerco un legame, un dialogo, anche quando fotografo un paesaggio”.

Questo scatto, invece, è parte di A desert in the sea, progetto condotto nel 2024 sul tema della siccità che si è abbattuta nella Sicilia centrale e occidentale durante lo stesso anno.

Il suo mezzo prediletto è la pellicola. Non si tratta solo di una scelta tecnica, ma anche di un’esigenza personale: “La pellicola impone lentezza, attenzione, artigianalità. Mi obbliga a pensare a cosa voglio dire, a come lo voglio fare. Anche nel trattamento digitale cerco sempre quel tono nostalgico, quei colori un po’ sbiaditi che per me sono parte di un discorso più ampio”.

La nostalgia è un tema centrale nella sua produzione e ha radici profonde. “Credo derivi dal fatto di non aver trovato il mio posto nella mia terra. Ho dovuto andarmene, ma una parte di me sarebbe voluta restare. La Sicilia è un luogo che amo, ma è anche molto difficile. Il mio lavoro, oggi, è anche un modo per ricostruire un legame a distanza, attraverso i volti e i paesaggi che incontro altrove”.

La vita nella capitale francese, da questo punto di vista, è fonte di riflessione. “Parigi è stimolante dal punto di vista professionale, ma a livello personale sento una certa distanza. Io sono fatta di mare, e ho sempre la tendenza a fotografare territori costieri, comunità legate al mare. Qui mi manca quella connessione”.

Nonostante ciò, la capitale francese rappresenta un ambiente in cui ha potuto consolidare il proprio sguardo, anche a livello commerciale. “Oggi i clienti cercano autenticità, cercano una narrazione. Io cerco di portare nella fotografia commerciale il mio sguardo, la mia sensibilità, quel mio ‘vibe’ nostalgico che rende ogni storia più personale e più vera”.

Federica Buccheri è attiva su Instagram con il nome @biondumesparso. I suoi progetti sono disponibili online sul suo sito