BUENOS AIRES – Mentre il Congresso si prepara, sull’onda dello scandalo del fentanyl contaminato, a discutere un disegno di legge per garantire più controlli sui laboratori che producono farmaci, le famiglie delle 124 vittime accertate fanno di nuovo sentire la loro voce.

“Non è stato un incidente – dice Alejandro Ayala, fratello di Leonel e portavoce delle famiglie delle vittime – ma il risultato della negligenza strutturale provocata dalla deregolamentazione e dall’assenza di uno Stato che non ha garantito la sicurezza farmacologica e ha violato il diritto alla salute pubblica”.

Secondo le famiglie, oltre 124 vite perdute e un procedimento giudiziario ancora aperto rivelano il collasso del sistema di controllo sanitario argentino e l’impunità con cui farmaci contaminati hanno circolato negli ospedali di tutto il Paese.

Sotto accusa, le politiche del governo nazionale. Il ministero della Deregolamentazione, trasformazione e modernizzazione dello Stato e il ministero della Salute hanno emanato la Disposizione 2857/2025, che ha reso più flessibile l’acquisto di medicinali da banco importati e autorizza l’Anmat (l’agenzia del farmaco) a rilasciare certificati di Buone pratiche di fabbricazione (Bpf) a stabilimenti esteri senza la necessità di ispezioni in loco. “Questa decisione – si legge in un comunicato del collettivo delle famiglie – presentata come un progresso operativo, consolida la trasformazione di un bene sociale in un bene di mercato, indebolendo i meccanismi di controllo sanitario”.

A sua volta, la Disposizione Anmat n. 6223/2025, emessa dopo la tragedia, si limita ad aggiornare l’elenco dei medicinali tracciabili, senza stabilire misure concrete di intervento né rafforzare la capacità ispettiva dell’Anmat. “Inserire un farmaco in un elenco – dicono le famiglie – non garantisce la sicurezza farmacologica né la tutela della salute pubblica. Senza infrastrutture tecnologiche, risorse economiche adeguate e controlli efficaci, la tracciabilità diventa una semplice pratica burocratica e non uno strumento di protezione sanitaria”.

Il comunicato arriva a distanza di pochi giorni dalla presentazione di un disegno di legge che mira a limitare chi potrà essere titolare, amministratore o direttore tecnico di laboratori farmaceutici e a garantire la trasparenza sull’origine dei fondi utilizzati per le attività di tali aziende.

Se approvata, la nuova norma vieterebbe a persone che abbiano commesso reati contro la salute pubblica o la pubblica amministrazione di essere titolari o dirigere un laboratorio. Si mira insomma a prevenire, nel settore, il riciclaggio di denaro o il finanziamento di attività illecite, garantendo che le risorse economiche alla base della produzione di medicinali provengano da fonti legittime e tracciabili.

Le norme attuali, inoltre, non obbligano a registrare quale fiala viene somministrata a ciascun paziente, interrompendo la tracciabilità alla fase di acquisto del farmaco. Un primo progetto, presentato due mesi fa, mirava proprio a colmare questa lacuna normativa.

La contaminazione del fentanyl prodotto da Hlb Pharma nella sede di Laboratorios Ramallo è derivata dalla presenza dei batteri Klebsiella pneumoniaeKlebsiella variicola e Ralstonia mannitolilytica, secondo quanto riferito dall’Istituto Malbrán alla magistratura. Il tribunale ha riscontrato “molteplici falle” nel processo produttivo, molte delle quali critiche e accompagnate da “numerosi avvisi ignorati”.

Sul caso indaga una Commissione parlamentare d’inchiesta, il cui rapporto finale è atteso per il 9 dicembre e che funzionerà come guida  per correggere le lacune legislative che hanno permesso la produzione e la distribuzione di lotti di fentanyl contaminato.

Intanto le 124 famiglie delle vittime continueranno a esigere dal governo “una risposta riparatrice immediata e un impegno collettivo affinché simili scenari non si ripetano mai più. Le politiche di deregolamentazione uccidono”.