La stabilità del potere politico in ambito democratico non può non passare dall’instaurazione di una quanto più solida relazione fiduciaria tra i cittadini e i loro governanti.

Un concetto certamente non nuovo, quello di un atto di fiducia che regge il ‘patto’ tra elettori, rappresentanti e governanti, ma che, con il passare degli anni, ha probabilmente perso un po’ di slancio, in una costante delegittimazione, spesso auto-delegittimazione, della classe politica.

Una condizione che porta alla percezione di una classe politica che immagina sé stessa come titolare di un potere illimitato, con una sorta di delega in bianco ricevuta dai cittadini che si sono recati ai seggi elettorale.

L’Australia, da questo punto di vista, non si discosta certo dalle altre democrazie occidentali, con un elemento che la differenzia, quando si tratta di recarsi alle urne, ovvero l’obbligatorietà del voto.

Quindi, il punto non è tanto la partecipazione civica ai processi democratici; in presenza di un voto obbligatorio, infatti, si registrano certamente dei vantaggi: ad esempio i risultati elettorali dovrebbero riflettere meglio l’opinione pubblica in generale, e, nel momento in cui si esercita il diritto/dovere di voto si dovrebbe avere la sensazione di assolvere anche a un dovere civico. Questo genere di responsabilità, almeno in linea puramente teorica, dovrebbe incoraggiare i cittadini a informarsi meglio su candidati e tematiche, favorendo così l’educazione civiva e politica e la consapevolezza elettorale all’interno della comunità.

Ma, come detto, quando si affronta il tema della relazione fiduciaria tra elettore e rappresentante politico l’espressione del voto è solo il tassello finale. La fiducia si dovrebbe costruire nel tempo con comportamenti coerenti con le relative posizioni ideologiche e con la visione del Paese che ogni politico che ambisce a diventare governante dovrebbe avere.

Tra forza di governo e opposizione, ovviamente, la dinamica muta molto, poiché cambiano le aspettative e mutano anche le responsabilità, così come maggiori sono le attenzioni rivolte a chi è al potere, sia in sede parlamentare sia negli altri ambiti nei quali il governo è chiamato a rendere conto del proprio operato.

Trasparenza e assunzione di responsabilità sono state abbondantemente citate in questi ultimi giorni, soprattutto sulla scorta del rumoroso affaire Qantas che ha coinvolto il primo ministro Anthony Albanese (vedi articolo a pagina 12). Sì, è vero, il primo ministro ha fornito la sua verità, ha chiarito di non avere mai chiesto favoritismi di sorta al potente ex amministratore delegato di Qantas, Alan Joyce ma un altro, l’ennesimo, mattoncino di una fiducia verso la classe politica sempre più fragile si è ormai rotto. Purtroppo il senso di ‘privilegio’ è entrato nel sentire comune, ed è un paradosso che accada quando si parla di una persona, come il primo ministro Albanese, che ha fatto delle sue umili origini una sorta di ‘marchio di fabbrica’. Il rischio che i populismi contro la ‘Casta’ prendano piede in queste situazioni è molto forte, e quindi è meglio tenersi distanti da certi semplicistici rimandi a un terreno che, l’esempio dell’Italia a ‘Cinque Stelle’ lo conferma, non ha mai portato a nulla di buono.

Ma resta invece il punto dell’opportunità politica e della trasparenza, legata al casus belli Qantas, poiché, pur non venendosi a creare alcuna fattispecie di responsabiltà, penale, civile o amministrativa, già il solo avanzare il dubbio che si stia vivendo una dimensione sociale e lavorativa dove vi siano favoritismi apre altri fronti di riflessione, soprattutto in un momento storico dove la scarsa concorrenza in settori chiave sta assumendo contorni sempre più critici.

Si tratta proprio di non dare adito a nessuno di pensare che le linee “aperte” con i top dirigenti di aziende così rilevanti, possano lasciare intendere una diretta o indiretta distribuzione di favori reciproci. Anche laddove fatto in buona fede, e nessuno ha elementi per dire il contrario, sarebbe auspicabile che, nel pieno di un ruolo così rilevante, si ponga la massima cautela possibile.

Certo, è tutto pubblico, i registri di potenziali ‘conflitti di interesse’ e di ‘regalie’ ricevute dai parlamentari sono a disposizione di chiunque nel sito del Parlamento, e lo sottolineato ieri mattina anche il ministro dell’Istruzione Jason Clare, dopo avere ammesso di avere chiamato “non ricordo chi” alla Qantas per un upgrade in business su un volo internazionale, non istituzionale, ma privato, e la trasparenza, come detto, resta un punto assolutamente fondamentale nella complessa relazione fiduciaria con i cittadini.

Complessa perché non è certo soltanto sugli aspetti di trasparenza e di presunti favoritismi che si gioca il destino politico di un leader di partito, di un primo ministro o di un membro del governo, ma, nel caso di chi è al governo e, come il primo ministro Albanese, ha tutta l’intenzione di essere riconfermato, sono le proposte e l’azione politica a fare la differenza.

E, forse anche per sgombrare un po’ il campo dalle polemiche della scorsa settimana, il primo ministro si è speso in prima persona proprio per lanciare una proposta che ha il tono di una ‘visione del futuro’ del Paese.

Anthony Albanese ieri era ad Adelaide dove ha tracciato la linea di quella che, come detto, vuole essere la base per un secondo mandato di governo, con il Partito laburista che punta a un rilancio politico a circa sei mesi dalle elezioni federali del prossimo anno.

Anthony Albanese ha fatto un annuncio legato al settore dell’istruzione, ritenuto uno degli elementi chiave dell’agenda laburista, ovvero una proposta di ridurre del 20% il debito HECS (Higher Education Contribution Scheme)per gli studenti universitari, in caso di vittoria alle prossime elezioni, e per creare 100.000 posti gratuiti per i corsi TAFE ogni anno. “Queste politiche rappresentano il nostro prossimo grande passo, e non saranno le ultime, perché il Partito laburista sarà sempre il partito dell’istruzione”.

Istruzione come primo spunto di quello che, nelle parole del primo ministro, è un “piano ambizioso che presenteremo al popolo australiano il prossimo anno. Alle prossime elezioni, la scelta che la nostra nazione dovrà affrontare sarà chiara e importante come non mai”.

Una scelta, quella a cui fa riferimento il primo ministro che, perché venga fatta a favore del partito di cui è alla guida, deve prevedere un rilancio politico importante, con prese di posizione concrete, che vengano percepite in maniera immediata dai cittadini.

Nessuna novità, le consuete materie che toccano tutti, che tutti percepiscono come urgenti: costo della vita, politiche energetiche, lotta all’inflazione e la difesa degli interessi del Paese, con le vicende internazionali che hanno già avuto grande risalto sotto diversi aspetti nell’economia e nella società australiana.

“Possiamo costruire il futuro dell’Australia più forte e più equo che mai, e possiamo fare in modo che le persone che hanno sopportato il peso delle sfide di oggi condividano le opportunità di domani”, ha concluso il primo ministro, consapevole che i margini su cui si giocherà la partita elettorale il prossimo anno sono davvero molto ridotti.

Fiducia e credibilità saranno, al netto di tutto ciò che questo governo deve fare e farà nel corso di questi prossimi mesi, una chiave per dire ai cittadini che si è in grado di restare con i piedi per terra.