ROMA – Dopo mesi di stop, il disegno di legge sul fine vita è stato adottato come testo base in Commissione al Senato. Si tratta della proposta firmata dai relatori di maggioranza, composta da quattro articoli, che sarà ora al centro dell’esame parlamentare. 

L’articolo 1 ribadisce la tutela del diritto alla vita “senza distinzioni” di età, salute e condizioni sociali. È stata però rimossa, rispetto a una precedente bozza, la dicitura “dal concepimento alla morte naturale”, che aveva suscitato critiche dalle opposizioni per il rischio di un’applicazione antiabortista. 

L’articolo 2 interviene sul Codice penale per escludere la punibilità di chi aiuta una persona che chiede l’accesso al fine vita, purché siano rispettati i requisiti fissati dalla Corte costituzionale nel 2019.  

Nello specifico, deve trattarsi di una persona maggiorenne, affetta da patologia irreversibile, sottoposta a trattamenti che sostituiscono funzioni vitali, inserita in un percorso di cure di sollievo, capace di intendere e di volere e soggetta a sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili.  

Le opposizioni contestano la condizione del “percorso” terapeutico, non prevista esplicitamente dalla Consulta. 

Un altro punto riguarda le terapie palliative, cioè i trattamenti contro il dolore: la maggioranza intende renderle concretamente accessibili, ma senza imporle come obbligatorie. 

Tra i nodi più controversi c’è l’esclusione del trattamento dal Servizio sanitario nazionale: il ddl vieta l’impiego di personale, farmaci e strumenti del SSN per il fine vita, sollevando timori di una “privatizzazione” del diritto e di disuguaglianze nell’accesso. 

Il testo istituisce anche un Comitato nazionale di valutazione, composto da sette membri nominati con Dpcm, che dovrà rispondere alle richieste entro 90 giorni (60 prorogabili di altri 30). Se la domanda viene respinta, sarà possibile ripresentarla dopo sei mesi.