PARIGI – Per Michel Barnier le prossime dovrebbero essere le ultime ore alla guida del governo francese. Mentre andiamo in stampa è in corso il dibattito parlamentare sulla mozione di censura (sfiducia) contro il governo.
La mozione depositata dal cartello di sinistra ‘Nouveau Front Populaire’ ha grandi chance di passare, visto che il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen si è detto pronto a votarla insieme alla gauche.
Il governo Barnier rischia dunque di cadere sul progetto di Bilancio 2025 legato al welfare, fortemente osteggiato dalle opposizioni, su cui Barnier ha attivato ieri l’articolo 49.3 della Costituzione, che consente di varare una legge scavallando il Parlamento, salvo, appunto, la presentazione di una cosiddetta “motion de censure” nelle successive 24 ore.
Dopo soli due mesi al potere, il governo di Barnier è già sull’orlo del baratro: Marine Le Pen ha deciso di staccargli la spina dopo che è scaduto il suo ultimatum. Gli sforzi del Premier non sono stati sufficienti e non hanno accontentato la leader del Rassemblement National, che ieri ha presentato la sua mozione di sfiducia, e che raccoglierà anche i voti della gauche, ostile come l’estrema destra alla manovra finanziaria 2025: il destino dell’esecutivo appare segnato.
Da giorni con le spalle al muro, nonostante i non pochi cedimenti sulla linea del rigore economico per rientrare dallo spaventoso deficit pubblico, il Premier ha fatto ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione francese, che consente di approvare una legge senza passare per il voto dell’Aula, con l’obiettivo di adottare il progetto di manovra. “I francesi non ci perdonerebbero di mettere gli interessi particolari davanti all’avvenire della nazione’’, ha dichiarato l’ex commissario Ue.
“Siamo giunti a un momento di verità che pone ognuno dinanzi alle proprie responsabilità”, ha aggiunto. Come da copione, in un clima più che mai incandescente nell’emiciclo del Palais Bourbon, la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon ha lasciato i banchi del Parlamento annunciando la motion de censure sostenuta dall’estrema destra.
A nulla sono servite le concessioni di Barnier, dallo stop all’aumento delle tasse sull’elettricità, al taglio agli aiuti medici di Stato agli stranieri: il RN non ha voluto fare sconti sulle sue ‘linee rosse’. All’ultima richiesta di Le Pen – l’indicizzazione di tutte le pensioni – Barnier non ha potuto cedere.
“Voteremo per le mozioni di censura e in primo luogo per la nostra’’, ha tagliato corto Le Pen, precisando che quella del RN è distinta da quella del Nuovo fronte popolare della gauche. Quest’ultima potrebbe raccogliere oltre 300 voti (ne servono 288), causando l’inesorabile caduta di Barnier, una prima dal governo di Georges Pompidou nel 1962.
Gli sviluppi di questa inedita situazione impongono di prendere in considerazione anche le dimissioni di Emmanuel Macron, qualcosa di ignoto nella Quinta repubblica ma un desiderio per il 52% dei francesi. Mai come in questo periodo, il presidente in crisi si è tenuto distante dalla politica interna. Mentre la Francia annaspa, il capo dell’Eliseo è volato in visita di Stato in Arabia Saudita, per tre giorni. Al suo ritorno, il governo Barnier potrebbe essere già un ricordo.