MELBOURNE - La decisione è stata presa pochi mesi dopo che il presidente Donald Trump ha bloccato un mega-progetto eolico al largo di New York, con un ordine esecutivo che ha sospeso tutti i nuovi progetti offshore negli Stati Uniti. Il messaggio all’industria è stato chiaro: l’incertezza politica può rallentare anche le iniziative più avanzate.

Nonostante il blocco al progetto Empire Wind sia stato successivamente revocato, Equinor ha perso milioni di dollari. Ora, l’azienda non si è ancora impegnata ufficialmente nemmeno sul progetto Novocastrian Wind vicino Newcastle (NSW), nonostante abbia ricevuto una seconda proroga per accettare la licenza di fattibilità.

Andy Evans, fondatore del partner australiano Oceanex (che detiene il 60% del progetto), ha ammesso che “il clima politico e finanziario globale ha un impatto diretto sui progetti”. Oceanex si è detta pienamente impegnata, ma sta lavorando con Equinor per allineare le strategie.

L’effetto Trump ha raffreddato l’interesse per l’eolico offshore a livello mondiale. Anche BlueFloat Energy, sostenuta da capitali americani, sta prendendo in considerazione l’uscita dal mercato australiano, mettendo a rischio la finalizzazione di progetti come South Pacific e Gippsland Dawn.

Secondo Stewart Mullin del Global Wind Energy Council, l’industria eolica offshore sta affrontando difficoltà economiche globali: inflazione, aumento dei costi dei materiali e margini di profitto sempre più ristretti.

In Australia, solo l’area del Gippsland ha mantenuto l’interesse industriale, grazie a fondali bassi adatti a turbine fisse e a un maggior sostegno del governo del Victoria. Tuttavia, la tecnologia eolica galleggiante, più costosa e complessa, sta subendo ritardi rilevanti.

Mullin ha sottolineato che senza maggiori investimenti pubblici, l’Australia rischia di perdere terreno in un settore in crescita globale.