ROMA - Dopo l’accordo di governo tra Pd e 5 Stelle, sembrava ormai imminente l’ultimo voto mancante di Montecitorio per l’approvazione della Riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari. Nella discussione emersa recentemente però, alla modifica del Parlamento si è legato un progetto più organico di riforma dell’ordinamento delle Camere, che passasse innanzitutto per una legge elettorale proporzionale con contrappesi adeguati volti a limitare i rischi per la rappresentanza che la riduzione del numero degli eletti porta con se.
Ad un certo punto sembrava che una modifica in senso proporzionale della futura legge elettorale fosse stata accettata da entrambe le forze di maggioranza, ma la scorsa settimana un paio di interventi “esterni” hanno insinuato dubbi e sollevato ripensamenti nel Pd. Sia Romano Prodi che Walter Veltroni infatti hanno espresso entrambi vivi apprezzamenti sul sistema maggioritario, ponendo una serie di dubbi sul possibile ritorno al proporzionale.
Valutazione che ovviamente non sono passate inosservate nel Pd portando anche ad un rallentamento dell’intero impianto di riforma. Un rallentamento sul quale i 5 Stelle non si sono strappati le vesti, mostrando una volontà in senso distensivo nei rapporti con gli alleati di governo. E così, la conferenza dei capigruppo di mercoledì scorso ha sorvolato sulla calendarizzazione del voto finale della riduzione dei parlamentari alla Camera, che probabilmente slitterà quindi ad ottobre. Questione di semplici tempistiche dettate dall’opportunità politica che però permettono a chi non vede di buon occhio né la riforma dei parlamentari, né il ripensamento sul proporzionale, di alzare un po’ la voce.
Il più agguerrito è Massimo Villone, costituzionalista presidente del Coordinamento per la Democrazia costituzionale. “Non è accettabile l’idea che prima di tutto debba procedersi alla riduzione dei parlamentari per poi passare in un secondo momento a delineare un nuovo sistema elettorale e procedere ad ulteriori modifiche della Costituzione”, ha scritto in un duro comunicato. “In realtà - spiega - non esiste nessuna ragione di urgenza perché la Camera provveda all’ultima e definitiva votazione di una riforma che dovrebbe entrare in vigore nel 2023. Al contrario - continua - è indispensabile far precedere la riforma costituzionale da una profonda modifica della legge elettorale vigente, che va cambiata proprio per mantenere in vita le garanzie della rappresentanza politica, visto che la riduzione del numero dei parlamentari, incrementando notevolmente l’ampiezza dei collegi, accresce la distanza fra gli eletti e gli elettori”.