La ricerca delle radici può seguire diverse strade. Può passare per l’arte, la storia, la memoria, la religione. Per l’Associazione Friulana de La Plata, passa per il cibo. Un po’ perché l’attuale presidente Joaquín Asuaje ha studiato, tra le altre cose, cucina. Un po’ perché “l’uomo è ciò che mangia”, come scrisse il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach che, già nell’Ottocento, aveva capito che l’alimentazione è l’anello di congiunzione tra natura e cultura.
L’associazione nasce nel 1936 e nel 1949, grazie ai soldi raccolti tra gli stessi immigrati, comprò la sede attuale (qui sotto, due socie cercano i parenti in una foto ricordo della prima riunione).
Della Friulana facevano parte anche i nonni dell'attuale presidente, nativi di Forgaria (Udine), "anzi, di Cornino, una frazione". Lui stesso è stato tre volte a Udine, dove vive ancora una lontana zia e dove “mi sono sentito un friulano come tutti gli altri”.
Nei primi anni la Friulana de La Plata funzionava come luogo di incontro dove giocare a bocce, bere un caffè, pranzare.
“Poi le attività si sono ridotte all’osso e si limitavano all’affitto del salone per feste ed eventi, per pagare le spese”, spiega Joaquín.
Ma i soci più giovani e intraprendenti hanno presto capito che le associazioni hanno bisogno di linfa vitale. “Così abbiamo aperto le porte a un pubblico più ampio e non solo discendenti di friulani – racconta –. Ai tradizionali corsi di italiano, attualmente solo online, abbiamo affiancato attività sportive, come tai-chi, aikido, boxe, tiro con l'arco, allenamento funzionale, zumba, un gruppo di danza e un coro.
Il punto forte dell’associazione, però, è la gastronomia, con pranzi sociali basati sui piatti tipici friulani, come il frico (una specie di focaccia a base di formaggi di diverse stagionature, patate e cipolla), il muset (insaccato a base di carne proveniente dal muso del maiale, simile per aspetto al cotechino), i cjarsons (ravioli con ripieno alla ricotta o con quello che la natura offriva).
“Seguiamo le ricette tramandate nelle nostre famiglie” racconta il presidente. I piatti della tradizione diventano così un modo per ancorarsi a un’identità e al tempo stesso aprirsi ad altri stimoli culturali.
Arrivato alla fine del mandato quadriennale, Joaquín si dice soddisfatto: “Siamo passati da 150 a 300 soci. Tutte persone che si avvicinano a noi per interesse genuino nei confronti dell’Italia e dell’identità friulana”.
Il segreto di questo successo?
Asuaje, che ha un'esperienza come allenatore di calcio giovanile, non ha dubbi: aver coinvolto i giovani. Che oltretutto si identificano in un presidente che è quasi loro coetaneo.
“Sì, ma non basta – risponde sicuro –. È necessario cambiare visione, fissare obiettivi, fare gestione. Quando ero bambino accompagnavo i miei nonni. Lei cucinava, lui lavorava, giocava a carte o a bocce. Io mi annoiavo. Per attirare i ragazzi bisogna offrire spazi, consentire l’espressione nei modi che gli sono propri, accettare le loro proposte”. I numeri gli hanno dato ragione.