UDINE - Questo perché il friulano, o marilenghe, non è un semplice dialetto, ma una vera e propria lingua minoritaria che lo Stato italiano ha deciso di salvaguardare con una legge emanata nel 1999. La legge in questione ha permesso di applicare l’articolo 6 della Costituzione italiana che afferma che “la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”.
Lingua romanza, di cui si trovano le prime testimonianze per usi amministrativi e pratici già dal 1300, il friulano si caratterizza per una mescolanza interessante tra il latino tardo e lo sviluppo di peculiari innovazioni.
Viene introdotto nelle scuole già dal 1924, grazie a un corso di lingua e cultura friulana riconosciuto dal governo. Con l’avvento del fascismo in Italia fu necessariamente abbandonato, per essere poi reintrodotto agli inizi degli anni '90 e disciplinato con una legge dal 2007.
Oggi si insegna nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie inferiori, in affiancamento a una lingua straniera, a oltre 38.000 alunni da circa 1.500 insegnanti accreditati. Il Friuli-Venezia Giulia, grazie alla sua condizione di Regione a Statuto speciale, ha la facoltà di emanare le linee guida per quanto riguarda il programma e l’insegnamento. In alcune scuole la lingua friulana è insegnata con il metodo CLIL (Insegnamento Integrato di Lingua e Contenuto) rendendo così l’apprendimento particolarmente efficace.
Eros Cisilino, presidente dell’ARLEF – Agenzia Regionale per la Lingua Friulana – ci racconta come, durante la pandemia, il numero di iscritti ai loro corsi di lingua online sia cresciuto in maniera esponenziale sia in Italia che all’estero. Il primo corso pilota all’estero era stato lanciato solo nel 2019, in collaborazione con il Fogolar Furlan di Tokyo, servito da rampa di lancio per questi due anni in cui in molti hanno deciso di approfondire lo studio del friulano.
Secondo i dati di una recente inchiesta sociolinguistica condotta dall’Università di Udine, la popolazione parlante friulano in Friuli-Venezia Giulia e Veneto si aggira intorno alle 600.000 persone, ma a questo numero vanno aggiunte altre migliaia di emigranti o figli di emigranti all’estero che ancora parlano friulano, portando potenzialmente il numero a raddoppiarsi.
A questo proposito, il direttore dell’ARLEF, William Cisilino (sì, Cisilino è un cognome piuttosto diffuso in Regione), ci racconta della cittadina argentina di Colonia Caroya, dove si parla friulano dal 1878, quando 120 famiglie si sono trasferite dal Friuli-Venezia Giulia, dando vita a una comunità che ha mantenuto la lingua in tutto questo tempo. Naturalmente si tratta di un friulano che nel tempo si è modificato, ma che si continua a tramandare di generazione in generazione e che viene imparato anche dai nuovi arrivati di origine non italiana.
Anche Pier Paolo Pasolini, nel tentativo di sottolineare l’importanza delle lingue dialettali, ha scritto una raccolta di poesie in friulano: Poesie a Casarsa. Quattordici componimenti in versi pubblicati nel 1942, che in seguito appariranno tradotti da Pasolini stesso, anche nel volume La meglio gioventù.
La vera sfida è di riuscire a mantenere vivo l’interesse all’apprendimento del friulano nelle nuove generazioni; spesso non è più parlato in casa e certamente il solo insegnamento a scuola non è sufficiente. Con questo obiettivo in mente, le istituzioni cercano di usare i social media in maniera divertente, come ci dimostrano le immagini della pagina Instagram dell’ARLEF.