BERLINO – Il semaforo si è spento e per ora la segnaletica in Germania indica soltanto elezioni anticipate, al più tardi a marzo.
Nel giro di 24 ore, la dirompente crisi di governo aperta dallo strappo sul bilancio tra il cancelliere Olaf Scholz e l’ormai ex ministro delle Finanze Christian Lindner ha travolto il Paese, trasformando l’esecutivo in un’alleanza a due rosso-verde priva dei liberali.

Una crisi che si è propagata al resto dell’Europa e oltreoceano, dove Elon Musk non ha perso occasione per apostrofare il Cancelliere come “uno stupido”.

L’obbligato appello “alla responsabilità” è toccato al presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, per ricordare che la fine di una coalizione “non è la fine del mondo, ma soltanto una crisi da lasciarsi alle spalle”. Quando, ancora, non si sa. Il ‘Kanzler’ resta fermo nell’intenzione di porre la fiducia al Bundestag soltanto il 15 gennaio.

Ma il centrodestra della Cdu - dall’alto dei sondaggi che la vedono volare oltre il 30% - continua a lanciare ultimatum per anticipare il voto in Parlamento già “la prossima settimana”, aprendo la strada alla chiamata alle urne tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Pena il mancato appoggio alle leggi ancora da approvare che di fatto costringerebbe il governo di minoranza a staccare comunque la spina.

Pronto a celebrare la ricorrenza storica della caduta del muro di Berlino, il 9 novembre, Steinmeier ha preso la parola dalla residenza presidenziale di Bellevue assumendo il ruolo di faro in una tempesta che “nei 75 anni di storia della Repubblica federale raramente” si era vista. Negli ultimi quarant’anni - contraddistinti anche dall’era Merkel - i ricorsi storici riportano soltanto alla crisi del 1982 - anche in quel caso con socialdemocratici (Spd) e liberali (Fdp) al potere -, anticamera per l’avvento di Helmut Kohl.

“Molte persone guardano con preoccupazione alla situazione politica incerta del nostro Paese, in Europa e nel mondo. E anche dopo le elezioni negli Stati Uniti non è il momento delle tattiche e delle scaramucce, è il momento della ragione”, ha ammonito con tono grave il Presidente, richiamando all’ordine la politica davanti alla “portata delle sfide” che, con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, appaiono sempre più urgenti.

E il burrone nel quale è finita l’ex locomotiva d’Europa preoccupa anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e i leader Ue riuniti a Budapest e impegnati a esortare Berlino a “mantenere la rotta” e “continuare a svolgere il suo ruolo” sulla scena mondiale. Per tutta la giornata però le accuse e controaccuse tra i due nemici giurati Scholz e Lindner - intenti a ignorarsi al passaggio di consegne a Palazzo Bellevue -, irrobustite da quelle del leader della Cdu, Friedrich Merz, si sono susseguite.

La responsabilità, ha tuonato l’ex ministro delle Finanze dopo le durissime parole rivoltegli dal Cancelliere al momento della cacciata, è anche una questione di “stile” e Scholz ha organizzato, a suo parere, una “messa in scena per far cadere il governo deliberatamente” ritenendo insanabile la differenza di vedute sul freno all’indebitamento. Lui, cogliendo con l’addio la palla al balzo per spostarsi a destra, sogna già il ritorno ancora nel ruolo di falco dei conti pubblici, puntando a guidare l’Fdp - sempre più debole nei sondaggi - alle elezioni.

Oltre al nemico Scholz, a voltargli le spalle però è stato anche l’ex amico Volker Wissing, ministro dei Trasporti, che ha lasciato i liberali pur di restare a bordo del governo. Un gesto apprezzato dal Cancelliere, che gli ha permesso di raddoppiare: sarà lui a sostituire il collega liberale Marco Buschmann alla guida della Giustizia, diventando responsabile di due portafogli. Al posto dell’ex titolare dell’Istruzione sempre in quota Fdp, Bettina Stark-Watzinger, subentrerà invece il verde Cem Oezdemir, già titolare dell’Agricoltura. Mentre per guidare le Finanze Scholz questa volta ha scelto il suo fedelissimo Joerg Kukies, ex Goldman Sachs. 

Naufragato al momento ogni tentativo di dialogo con Merz, sarà il Cancelliere a sobbarcarsi il peso della crisi nelle prossime settimane e a decidere quanto ancora prolungare l’agonia. Per ora tutti gli altri appuntamenti in agenda, compresa la Cop29 a Baku, sono annullati.