Giorgia Meloni è convinta che ci siano i margini per convincere Donald Trump a ritirare la minaccia dei dazi al 30%. Assicura di lavorare “assieme agli altri leader” e in “costante contatto con la Commissione Ue”. La presidente del Consiglio ha infatti sempre sostenuto che il 10% sarebbe “sostenibile”. E il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolinea che quella soglia era “ragionevole” e “non si può andare molto lontano da questo numero, altrimenti diventa insostenibile”.
È la Commissione Ue a guidare i negoziati sui dazi, ma Roma sta cercando di giocare un ruolo non secondario. E Meloni sa che in questo caso un lancio fallimentare costerebbe alle imprese ricadute per miliardi, con inevitabili effetti occupazionali. Non manca il lavoro di analisi di intelligence e diplomazia nella partita sulle tariffe commerciali, un dossier su cui Meloni nei mesi scorsi si è proposta nel ruolo di “pontiere”. Il braccio di ferro transatlantico è oggi però in una fase critica.
Per Meloni sono giorni di contatti continui, ricevendo a Palazzo Chigi il nuovo cancelliere austriaco Christian Stocker il quale ha ribadito che entro il primo agosto va raggiunto un accordo “vantaggioso per tutti” e va scongiurata “in ogni modo una guerra commerciale fra le due sponde dell’Atlantico”, con l’obiettivo di “rafforzare l’Occidente nel suo complesso”.
Il metodo negoziale su cui si ragiona nel governo è un accordo di principio da trovare subito, per poi procedere con trattative specifiche sui singoli settori. E lo scenario ideale sarebbe un riequilibrio della bilancia commerciale tra beni (l’Ue ha un surplus) e servizi (il surplus è degli Usa). “È troppo importante arrivare a un ragionevole compromesso – ha sottolineato Giorgetti –. Bisogna negoziare senza stancarsi, senza cedere di nemmeno un centimetro”.
La linea di Palazzo Chigi resta quella di evitare di “polarizzare” la dialettica in questa fase del negoziato.