ROMA - Il 10 febbraio si celebra il Giorno del Ricordo, per commemorare gli italiani uccisi e gettati nelle foibe – cavità carsiche dell’Istria, voragini a strapiombo di origine naturale – dai partigiani jugoslavi di Tito, e l’esodo giuliano-dalmata, quando centinaia di migliaia di concittadini furono cacciati dall’Istria e la Dalmazia, durante e dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
La stima delle vittime dei massacri è compresa tra le 6000 e le 9000 vittime, mentre sono state costrette ad emigrare tra le 250mila e le 300mila persone.
Per conservare la memoria della tragedia, l’Italia ha istituito nel 2005 il Giorno del Ricordo, una solennità civile in occasione della quale vengono organizzati convegni, incontri, dibattiti e iniziative rivolte soprattutto ai giovani studenti.
Fu il tragico epilogo, cominciato dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, delle tensioni esistenti tra slavi e italiani, esasperate dalla brutale occupazione fascista della regione, che dal momento dell’invasione militare, avvenuta nel 1941, aveva provocato centinaia di migliaia di vittime civili tra la popolazione jugoslava.
“Nelle zone del confine orientale, dopo l’oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave, e la barbara occupazione nazista, si instaurò la dittatura comunista di Tito, inaugurando una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone”, ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parlando al Quirinale in occasione dell’anniversario.
La triste vicenda degli esuli, secondo il capo dello Stato, è stata a lungo sottovalutata e talvolta persino disconosciuta, e l’istituzione del Giorno del Ricordo, votata a larghissima maggioranza dal Parlamento italiano, “ha contribuito a riconnettere alla storia italiana quel capitolo tragico e trascurato, a volte persino colpevolmente rimosso. Troppo a lungo ‘foiba’ e ‘infoibare’ furono sinonimi di occultamento della storia”, aggiunge.
Nella notte tra venerdì e sabato all’ingresso alla foiba sono state lasciate alcune scritte oltraggiose, e la Digos sta indagando per risalire agli autori dell’atto vandalico. A riguardo, Mattarella ha commentato: “Nessuna squallida provocazione può ridurne ricordo e dura condanna, perché di quella stagione contrassegnata da una lunga teoria di uccisioni, arresti, torture, saccheggi e sparizioni, le foibe restano il simbolo più tetro”.