FANO (Pesaro e Urbino) - L’Accademia della cucina, presieduta dall’avvocato Floro Bisello, e Martina Carloni, di un’antica osteria fanese dove questo storico piatto viene cucinato da oltre un secolo, hanno lanciato un appello: “Salviamo le cresc’tajat dalle imitazioni e depositiamone il marchio per salvare la tradizione”. 
“Le cresc’tajat - hanno spiegato - sono uno dei piatti del ricordo, che fanno parte della storia di Fano e di altre località della provincia pesarese. Erano il recupero della polenta servito poi con sughi poveri. Un patrimonio che vogliamo tutelare con un marchio che sappia distinguere le cresc’tajat dalle imitazioni  e che faccia di questo uno dei piatti simbolo della città”. 
Proprio per questo scopo l’osteria della Carloni ha indetto una singolare “mobilitazione generale”, dedicando al piatto, presentato anche all’ultimo Expo, una due giorni di degustazioni: sono stati allestiti tavoli per gustare le cresc’tajat con sugo di fagioli, salsiccia e cotiche, oltre ad altri piatti come parmigiana, trippa, biscotti all’anice e l’immancabile moretta. 
“Nelle famiglie del Borgo più povero della città, quello dei Piattelletti - hanno raccontato Carloni e Bisello - erano di fatto le crescie di polenta avanzate e secche del giorno prima che tagliate e bollite diventavano una pietanza proteica buona da ricondire con un sugo che prevalentemente erano i fagioli. Oggi le cresc’tajat si fanno con farina di mais tipo ‘marano’ integrale macinata a pietra, farina di grano duro 00, uova e acqua. Questa pasta rimane corposa ma è ottima per assorbire il sugo quello appunto dei fagioli con le cotiche e salsiccia”.