Troviamo parole italiane in tutto il mondo, come spaghetti, pizza, stiletto, chiaroscuro, opera e soprano. Questi italianismi riflettono l'influenza globale dell’Italia nel corso dei secoli in tanti campi: nella gastronomia, nella moda, nella musica e nell’arte.

Gli italianismi si possono trovare anche in contesti forse meno previsti, soprattutto grazie al colonialismo italiano (in somalo si dice baasto per pasta), al commercio (bira in vari dialetti arabi per indicare la birra imbottigliata), ma anche all’attività evangelizzatrice delle comunità religiose italiane. Un caso notevole di questo fenomeno religioso riguarda l’impatto linguistico dei missionari comboniani del Cuore di Gesù.

I missionari comboniani, spesso chiamati in inglese ‘Verona Fathers’ - per le loro radici venete e il seminario stabilito a Verona nel 1867 (ndr) -, sono presenti in Africa da oltre un secolo. Fondata dal sacerdote italiano Daniele Comboni nel tardo ‘800, l’obiettivo della congregazione è sempre stato quello di diffondere il cristianesimo in Africa. Ma lo scopo dei missionari non è solo religioso: sono anche insegnanti, costruttori di comunità e specialisti di lingue.

Quando i Comboniani fondano la prima missione nel Sud Sudan nel 1901, si rendono subito conto che imparare le lingue locali è essenziale per il loro lavoro. Si prendono il tempo di imparare come parla la gente e iniziano persino a scrivere le lingue che sentono. Alcuni di questi preti creano le prime grammatiche e i primi dizionari delle lingue locali, come il nuer e il pokot.

Altri traducono testi religiosi, come preghiere e parti della Bibbia, nelle lingue locali, in modo che le persone possano pregare nella propria lingua. Uno dei risultati più interessanti di questo contatto italo-sudanese è l’introduzione di parole italiane nelle lingue locali.

Per esempio, nelle zone del Sud Sudan e dell’Uganda dove si parla il Mà’dí, diverse parole religiose italiane sono entrate nel linguaggio quotidiano. Parole come padere (sacerdote), suere (suora) e natali (Natale) sono pretti italianismi utilizzati dai parlanti Mà’dí, a dimostrazione di quanto sono strette le interazioni tra i missionari e le comunità locali.

Un gran numero dei Padri comboniani proviene dal Veneto e talvolta pure il loro veneto ha inciso sul modo in cui queste parole italiane vengono pronunciate e tramandate. Il risultato è un mix unico: lingue locali influenzate dal vocabolario religioso e dai suoni italiani e a volte venete, adattate al modo di parlare locale. Tutto questo succede in un contesto molto complesso, dove sono presenti anche altre lingue come l’arabo, l’inglese e lo suahili

Anche se il ruolo dei missionari comboniani è cambiato nel corso del tempo, rimangono attivi tutt’oggi nel Sud Sudan. La loro lunga presenza ha avuto un impatto reale, non solo nella vita religiosa. La storia del contatto italo-sudanese è un potente esempio di come la lingua, la religione e la vita quotidiana possano fondersi in modi inaspettati. Nello sforzo di diffondere la fede cattolica, i Comboniani hanno anche dovuto introdurre nuovi concetti religiosi alla popolazione locale. Non sorprende allora se vengono usate parole italiane per esprimerli.

Ecco alcuni termini religiosi italiani presenti specificamente nel Mà’dí, una lingua parlata nel Sud Sudan e in Uganda. 
In uno studio recente, sono state identificati una serie di vocaboli Mà’dí che testimoniano l’influenza dell’italiano: suere o suwere per suora, faratelo per fratello, padere per padre e sacerdote, asunta o asunda per indicare la Festa di Maria Assunta, natali o nyatali per Natale, alitari o alitare per altare, penitesia per penitenza, matirimonio per matrimonio, ruzario per rosario, seminario come in italiano, kandela per candela, kuruce per croce e girasia per grazia.

Queste parole sono una piccola ma significativa parte dell’eredità religiosa lasciata dai sacerdoti comboniani, a testimonianza di come le lingue possano veicolare non solo parole, ma anche storia, vita religiosa e legami comunitari. E, per finire, notiamo che c’è tanto ancora da scoprire sulla presenza dell’italiano in Africa e altrove.