SYDNEY - Se qualcuno avesse ancora dei dubbi su quanta differenza possa fare il lavoro dell’insegnante, dovrebbe ascoltare la storia di Susanna Guatelli, professoressa universitaria e direttrice della facoltà di Fisica dell’Università di Wollongong.
Era al terzo anno delle superiori, al liceo scientifico Antonio Pacinotti de La Spezia, quando nella sua classe è entrata la professoressa di matematica e fisica Patrizia Flandoli che, con la chiarezza delle sue spiegazioni e la sua ironia, ha fatto facilmente appassionare la studentessa alle materie scientifiche.
Anche in Casa Guatelli si respirava l’amore per le scienze, grazie al papà che aveva studiato fisica ed era tecnico di laboratorio alle scuole superiori de La Spezia: “E poi - ha sottolineato la scienziata - io sono cresciuta guardando Superquark con Piero Angela” che, attraverso lo schermo televisivo, ha istruito generazioni di italiani con appassionanti lezioni di scienza dal 1995 al 2022.
Finite le superiori, si è iscritta alla facoltà di Informatica: “Durante quel primo anno mi è sfuggito lo scopo di quello che stavo studiando - ha ricordato -. Ho pensato quindi di spostarmi sulla fisica che, invece, studia i fenomeni naturali e ci permette di capire meglio l’universo”, e ha per questo riempito di significato i suoi anni di studio.
Cercando un senso ai fenomeni naturali e a tutto quello che la circonda, Guatelli ha poi apprezzato della fisica il fatto che possa essere applicata in tantissimi campi diversi: dall’industria, all’ambito tecnologico, dalla cura del cancro alla radioprotezione: “E mi si è aperto un mondo”.
“Credo sia importante sottolineare, a questo proposito, che la fisica non è una materia così astratta come molti pensano - ha aggiunto -. E proprio perché ci sono moltissime applicazioni a questa vasta materia, tanti sono anche gli sbocchi professionali che offre: dallo sviluppo di nuove tecnologie in ambito aziendale alla fisica medica, al dipartimento della difesa, all’insegnamento”.
Dopo la laurea, nel 2002, ha portato a termine un dottorato di ricerca con l’istituto di fisica nucleare italiano: “Ma ero di base al CERN di Ginevra con un dottorato per la Alenia Spazio e l’Ente spaziale europeo”.
In quell’occasione, Guatelli ha fatto degli studi di simulazione di fisica per calcolare il danno delle radiazioni cosmiche sugli astronauti in missione su Marte, diventando una dei precursori in questo tipo di ricerca.
Un inizio di carriera decisamente stimolante, anche perché, nel frattempo, si era specializzata in fisica nucleare e al CERN aveva potuto entrare in contatto con l’eccellenza scientifica.
Un gruppo di lavoro, quello che ha trovato durante quegli anni, con cui collabora tutt’ora per proseguire il progetto più importante della sua carriera, quello che l’ha portata, insieme a più di cento scienziati, a sviluppare un codice di simulazione di fisica, chiamato Geant4 - abbreviazione di Geometry and Tracking, geometria e tracciamento - per descrivere le interazioni delle radiazioni con la materia.
“Queste simulazioni - ha spiegato Guatelli - possono essere applicate sia per descrivere gli esperimenti della fisica delle alte energie al CERN, come anche per calcolare la dose delle radiazioni in un trattamento di radioterapia, allo scopo di migliorare il trattamento stesso”.
Sono dunque delle simulazioni che trovano diverse applicazioni, dall’astrofisica, agli studi nucleari, all’ambito medico, per citarne alcuni. Negli anni la scienziata ha assunto ruoli di sempre maggiore leadership scientifica all’interno della collaborazione internazionale che sviluppa Geant 4, di cui Guatelli è diventata una delle principali referenti, a livello mondiale, nell’ambito della fisica medica.
“Il codice è open source, quindi accessibile a tutti” e sono migliaia i fisici che lo utilizzano in tutto il mondo.
“È un progetto di estremo successo e la decisione di aprire il codice a chiunque, deriva dal fatto che fare scienza significa anche restituire alla società. Questo, per chi lavora nei centri di ricerca e all’università, è un principio molto importante”, ha assicurato.
La condivisione, insieme al duro lavoro, sono forse per Guatelli i capisaldi imprescindibili per essere una brava ricercatrice: “Una delle cose che mi dà più gioia è di fare da mentore per le nuove generazioni di ricercatori e ricercatrici. Bisogna creare per loro delle opportunità - ha insistito -. È l’eredità che dobbiamo lasciare”.
È significante, secondo la scienziata, che la categoria dei ricercatori impari a comunicare con chi non è esperto della loro materia, per far conoscere al grande pubblico la rilevanza, anche pratica, delle scoperte, “il loro impatto sulla quotidianità”.
E tra i suoi momenti memorabili rientrano quelli in cui ha la possibilità di raccontare i suoi successi e la sua ricerca in pubblico, alla presenza dei suoi familiari: “Perché i miei sacrifici e la mia dedizione riguardano anche loro. Mi fa piacere coinvolgerli per condividere con loro i frutti di un lavoro difficile, che richiede anche di togliere parte del tempo alla mia famiglia”.
Grazie alla sua passione, alle rinunce e agli strabilianti risultati ottenuti, la scienziata si è vista riconoscere nel 2021 il premio per Women in Physics Award dall’Australian Institute of Physics e, l’anno dopo, è entrata a far parte del pannello di esperti dell’ARC - Australian Research Council. Parlando del ruolo delle donne in ambito STEM, Guatelli crede che sia centrale trasmettere un maggior senso di sicurezza alle ragazze, supportandole e motivandole nella ricerca dell’indipendenza e nella realizzazione sul lavoro.
“Io non ha mai sentito il peso dell’essere donna - ha confessato -, sono gli altri che me l’hanno fatto notare. In casa, i miei genitori hanno sempre insegnato a me e a mia sorella a impegnarci. Lei è diventata ingegnere aerospaziale, quindi credo sia stato il modo in cui siamo cresciute ad aver fatto la differenza”.
Guatelli è stata capace di metter in pratica quell’insegnamento senza mai accontentarsi, anche dopo il suo arrivo in Australia nel 2007: “All’epoca cercavo un cambiamento, volevo scoprire il mondo, vedere come altri gruppi di ricerca lavoravano e ho conosciuto il professor Anatoly Rozenfeld a una conferenza, e ho saputo che avevano bisogno di un ricercatore con la mia formazione all’ANSTO - Australian Nuclear Science and Technology Organisation - a Sydney, una posizione per due anni”.
Con il pensiero di fermarsi due anni e poi tornare in Europa, la scienziata ha avviato la sua carriera Down Under, rendendosi presto conto che le opportunità di ricerca in Australia erano moltissime. Terminato il contratto con l’ANSTO ha poi accettato una posizione di lettrice all’Università di Wollongong, e il resto è storia.
E anche se non avesse dedicato la sua vita alla fisica, avrebbe comunque scovato il modo di trovarla in altri ambiti che la interessano: “Avrei probabilmente studiato archeologia, dove si usano tecniche per datare i manufatti o studiarne la composizione. Oppure filosofia, perché la fisica altro non è che un ramo della filosofia”.