WASHINGTON – Donald Trump esce dall’Unesco, denunciando posizioni anti-americane, anti-israeliane e un’agenda ‘woke’, termine caro alla destra americana per stigmatizzare la cultura liberal.
L’annuncio ufficiale è stato fatto da una portavoce del dipartimento di Stato, dopo le anticipazioni date al New York Post dalla Casa Bianca: “La continua partecipazione all’Unesco non è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti”. Dal dipartimento di Stato si afferma che l’agenzia Onu per la Cultura e l’Istruzione è di parte e promuove cause “divisive”.
La mossa arriva dopo che a febbraio Trump aveva ordinato una revisione di 90 giorni sulla presenza di Washington nell’Unesco. Al termine della revisione, l’amministrazione Trump ha stabilito l’incompatibilità con le politiche a tutela della diversità, equità e inclusione, e anche quella che definisce posizioni di parte pro Palestina e pro Cina.
“Il presidente Trump ha deciso di ritirare gli Stati Uniti dall’Unesco, che sostiene cause culturali e sociali ‘woke’ e divisive, che sono completamente non in linea con la politica del buon senso per la quale gli americani hanno votato a novembre”, ha dichiarato al Post la vice portavoce della Casa Bianca, Anna Kelly.
La direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, critica fortemente “la decisione del presidente Donald Trump di ritirare nuovamente gli Stati Uniti dall’Unesco”.
“Per quanto deplorevole, questo annuncio era atteso e l’Unesco si è preparata”, aggiunge la Azoulay in una dichiarazione. La decisione confermata da Washington sarà effettiva a partire dal 31 dicembre del prossimo anno, precisa ancora la dichiarazione di Azoulay diffusa dall’Unesco.
“Questa decisione contraddice i principi fondamentali del multilateralismo e potrebbe avere ripercussioni soprattutto per molti nostri partner negli Usa”, afferma la direttrice generale nella dichiarazione, ricordando quanto già accaduto nel 2017 e precisando che negli ultimi anni “abbiamo intrapreso importanti riforme strutturali e diversificato le nostre fonti di finanziamento”.
Ora, puntualizza, il “contributo finanziario” degli Stati Uniti “rappresenta l’8% del bilancio dell’organizzazione”, che è “meglio tutelata in termini finanziari, con il sostegno costante di un gran numero di Stati membri e contributi privati. Questi contributi volontari sono raddoppiati dal 2018”, evidenzia Azoulay.