WASHINGTON – Google scampa il peggio. Il giudice Amit Mehta ha respinto la richiesta di “spezzatino” del Dipartimento di Giustizia per risolvere l’accusa di monopolio nei confronti di Mountain View. Google potrà mantenere Android e Chrome e potrà continuare a pagare terzi per essere il motore di ricerca di default, ma dovrà condividere con le rivali i dati e non siglare accordi esclusivi.

“Nonostante il loro potere, i tribunali devono affrontare il compito di elaborare rimedi con una sana dose di umiltà. Questo tribunale lo ha fatto”, ha detto il giudice Amit Mehta che, con la sua decisione, offre un primo “manuale” da seguire per i tribunali americani che stanno perseguendo gli altri colossi di Big Tech. La sentenza sul monopolio di Google è infatti la prima del suo genere nell’era moderna di internet e la maggiore riguardante la Silicon Valley dal caso Microsoft di 20 anni fa.

Per Google la decisione è un sospiro di sollievo evidente anche a Wall Street, dove i titoli volano del 6,2%. Nonostante il risultato soddisfacente, Mountain View non intende mollare e ha assicurato, secondo quanto riportato dai media americani, che farà ricorso.

Per il governo americano la decisione è invece un duro colpo agli sforzi di regolamentare il settore Big Tech; sia l’amministrazione Biden sia quella Trump avevano chiesto alla giustizia rimedi ben più estremi in merito a Google così da inviare un segnale all’intero settore.

La giustizia americana aveva aperto un’indagine contro Google nel 2000, durante la prima amministrazione Trump. Nel 2024 è poi arrivata la storica sentenza, in cui Mountain View era ritenuta una monopolista nella ricerca online. Il governo aveva presentato una lista di rimedi severa, ed era stato aspramente criticato da Google. La decisione del giudice Mehta rimuove l’incertezza e sembra in grado di rassicurare anche gli altri colossi della Silicon Valley.

Quasi contemporaneamente, però, Google è stata condannata a pagare 425,7 milioni di dollari di danni a quasi 100 milioni di utenti per violazione della loro privacy, secondo una sentenza della giuria di un tribunale federale di San Francisco, riportata dai media americani.
Il gigante del web è stato riconosciuto colpevole di violazione della privacy per aver continuato a raccogliere i dati privati di questi utenti, nonostante avessero disattivato questa impostazione, ha concluso la giuria.

Non è la sola sanzione recapitata al gigante americano: un’altra multa record di 325 milioni di euro (circa 580 milioni di dollari) è arrivata dall’authority francese del controllo per il rispetto della privacy (Cnil), per violazioni nel campo della pubblicità e dei cookies: lo ha annunciato ieri sera la Cnil in un comunicato.

Google ha subito l’ammenda “per aver mostrato pubblicità durante lo scambio di email da parte di utilizzatori di Gmail senza il loro accordo, e per aver inserito dei cookies nel percorso di creazione di account Google, senza consenso valido da parte degli utenti francesi”, ha precisato l’Authority, infliggendo anche al gruppo asiatico di prêt-à-porter discount Shein una multa di 150 milioni di euro.