WASHINGTON – È tutto pronto nella capitale degli Stati Uniti per la cerimonia di insediamento del 47esimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. In una Washington blindata, i preparativi vanno avanti da settimane e si prevede il dispiegamento di circa 25mila uomini tra polizia, servizi segreti e addetti alla sicurezza che condurranno controlli molto rigorosi.

L’inaugurazione è un momento particolarmente sentito negli Stati Uniti, rappresenta la parte più importante della transizione di potere tra i leader di governo a Washington, segnando la fine del mandato di un presidente e l’inizio dell’amministrazione del suo successore. 

La cerimonia si svolgerà lunedì 20 gennaio, quando a Washington saranno le 18, avverrà nella Rotonda del Campidoglio, “come fu per Ronald Reagan nel 1985 - ha fatto sapere Trump sul suo profilo social - , sempre a causa del clima molto freddo”. A Washington per questa giornata sono previste, infatti, temperature molto rigide.

Per quanto riguarda gli ospiti che hanno confermato la propria presenza, salta all’occhio la massiccia partecipazione dei miliardiari del settore tecnologico della Silicon Valley, gli stessi che Joe Biden, nel suo discorso di addio alla Casa Bianca, ha denunciato come la “nuova oligarchia” che accentra potere, ricchezza e tecnologia. 

Tra questi, il capo di Meta Mark Zuckerberg, quello di Amazon Jeff Bezos, il Ceo di Open-Ai Sam Altman, quello di Apple Tim Cook e l’amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, che ha donato un milione di dollari per l’organizzazione della cerimonia.

Insieme a loro, ci sarà il Ceo di Tiktok, Chew Shou Zi che, nonostante il contenzioso con il governo americano, siederà addirittura sul palco d’onore, tradizionalmente riservato a ex presidenti, familiari e altri ospiti importanti.

Non mancherà Elon Musk, che ormai non rappresenta soltanto uno dei nomi in simbolo del settore tech, ma è diventato uno dei più stretti consiglieri di Trump nonché neo-segretario al dipartimento per l’efficienza governativa. 

Quanto ai predecessori del tycoon e le loro consorti, Joe e Jill Biden hanno confermato la presenza, quasi a rimarcare la differenza con Trump, che quattro anni fa, a ruoli invertiti, aveva disertato il suo giuramento. 

Con i Biden ci saranno anche le coppie ex presidenziali Hillary e Bill Clinton, George W. e Laura Bush, mentre Barack Obama non sarà accompagnato dalla moglie Michelle, che secondo quanto riportato dal suo staff avrebbe avuto dei “precedenti impegni”.

La scelta di Michelle Obama sembra voler ancora una volta sottolineare la distanza che la famiglia Obama vuole mettere con la fazione di Trump.

Lunga anche la lista dei capi di Stati in arrivo dall’estero, tra cui il presidente argentino Milei e il premier ungherese Viktor Orbàn che, sebbene ufficialmente non avrebbe ancora confermato, secondo alcuni media americani sarà a Washington. 

Dubbi sulla partecipazione dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro, la cui presenza sarebbe legata alla restituzione del passaporto confiscatogli nell’ambito dell’inchiesta per il tentato golpe del 2022. Nella lista degli invitati anche il presidente del Salvador, Nayib Bukele, che si autodefinisce “il dittatore più cool del mondo”. Xi Jinping, che è stato invitato, manderà un alto rappresentante, nonostante Trump abbia fatto sapere di voler andare in Cina nei suoi primi 100 giorni da presidente.

Dal Vecchio Continente arriveranno Giorgia Meloni, che ha incontrato il neo presidente americano solo due settimane fa in Florida, mentre al primo ministro britannico Keir Starmer è stato preferito il leader populista anti-Ue Nigel Farage. E, a proposito di Unione Europa, non è stata invitata neanche la presidente della commissione Ursula von der Leyen. 

Al suo posto ci saranno il leader del partito di estrema destra francese Reconquête, Eric Zemmour, e l’ex primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, appena eletto leader dei conservatori di Ecr. 

Invitata anche la leader dell’ultradestra tedesca di Afd, Alice Weidel, che ha fatto sapere di non poter partecipare a causa del fitto programma in vista del voto in Germania del 23 febbraio ma che invierà il co-leader del partito, Tino Chrupalla. 

Il nuovo inquilino della Casa Bianca rifiuta le convenzioni anche per la sua cerimonia di insediamento, scegliendo di invitare non i capi di Stato europei, ma chi è politicamente in sintonia con lui, quasi a dimostrare che per lui in Europa i riferimenti non sono quelli istituzionali, lanciando un segnale di quelli che, molto probabilmente, saranno i prossimi rapporti con l’Europa.

Da quanto è emerso, Trump intenderebbe già nella giornata di oggi, dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, firmare un raffica di decreti esecutivi, circa un centinaio, la maggior parte dei quali dedicati alla stretta sui migranti.

La sua politica contro l’immigrazione, che gli aveva regalato la vittoria elettorale nel 2016 e ha contribuito in modo sostanziale al sorpasso di Kamala Harris anche in quest’ultima tornata elettorale, prevederebbe l’avvio di un’operazione straordinaria a Chicago per espellere i migranti illegali. ‘Operation Safeguard’ inizierierebbe già all’indomani dell’insediamento, con il coinvolgimento di oltre 150 agenti federali. 

La scelta di Chicago non è casuale: Trump e i suoi uomini vogliono inviare un messaggio chiaro alle altre città democratiche santuario, quelle che proteggono i migranti non aiutando le autorità federali a far rispettare le leggi sull’immigrazione. 

La polizia di Chicago assicura che “non interverrà e non interferirà con le agenzie governative che svolgono i loro compiti, anche se - ha spiegato il portavoce Don Terry - non condividerà informazioni con le autorità federali per l’immigrazione”. 
Nel corso della sua campagna elettorale, Trump ha promesso “espulsioni di massa” per i milioni di illegali che vivono negli Stati Uniti.

Una promessa che, secondo un sondaggio del New York Times, il 55% degli americani vuole vedere rispettata. E che Tom Homan, nominato al controllo sui confini e sulle dogane dal presidente eletto, ha assicurato che sarà mantenuta con vaste operazioni a livello nazionale, da Los Angeles a New York, non escludendo neanche la separazione delle famiglie.

Ma non è questa la sola mossa a sorpresa in vista dell’ingresso nello Studio Ovale. Venerdì scorso Trump ha lanciato una nuova criptovaluta ‘meme’ Trump, che in 24 ore si è impennata dal nulla a un valore di oltre 9 miliardi di dollari di capitalizzazione. Il varo della “Trump memecoin”, politicamente, è il segno della determinazione del presidente eletto nel voltare pagina: ha promesso di diventare il “presidente Crypto” e sta approntando ordini esecutivi per la deregolamentazione del settore. 
Potrebbe designare le criptovalute come priorità nazionale e, se ascolterà i lobbisti, forse promuovere un’inedita, quanto rischiosa, riserva strategica in valute digitali. 
Nei primi intensi giorni da presidente, Trump è inoltre atteso alla prova di Davos, dove da oggi e fino a venerdì, si riuniranno oltre 2500 esponenti del mondo economico, politico, scientifico e culturale a livello mondiale. 

Il neopresidente interverrà in videocollegamento il 23 gennaio e non è escluso che parli di quei dazi che ha promesso in campagna elettorale e che fanno temere una nuova ondata di protezionismo con conseguenze tutte da definire per l’economia globale. 
Nel mirino della nuova amministrazione americana ci sono paesi alleati come il Canada e il Messico, ma anche quelli ritenuti più ostili come la Cina, per la quale non ha escluso dazi al 100%.

Con una squadra ancora da confermare - nessuno dei suoi nominati ha ricevuto ancora il via libera del Senato -, Trump dovrà affrontare anche l’emergenza di un possibile default americano.

Per evitare di superare il tetto del debito, la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, ha avvertito che saranno necessarie misure di emergenza a partire dal 21 gennaio. Trump ha nominato Scott Bessent al Tesoro e, anche se una sua conferma appare scontata, un via libera ufficiale ancora non c’è.

Nessuna approvazione neanche per Pete Hegseth, scelto per guidare il Pentagono, che ha un ruolo cruciale per la guerra in Ucraina e il sostegno a Israele. Sul fronte di Kiev il presidente eletto ha assicurato che lavorerà senza sosta per la pace, rinunciando però a dire che risolverà la guerra con la Russia in 24 ore, come ripetuto per mesi.

In Medio Oriente il capo della Casa Bianca si troverà a monitorare la delicatissima situazione tra Israele e Hamas, e lavorare per una pace definitiva.