TEL AVIV – Il filo del dialogo su Gaza resta sottile e rischia ancora di spezzarsi, perché Hamas non ha respinto il piano americano, ma non lo ha neanche accettato in toto, anzi, ha messo condizioni.E questo fa reagire subito l’inviato Usa, Steve Witkoff, messaggero della proposta, con un monito che non lascia troppo spazio a dubbi sulla fragilità del dialogo: “E’ totalmente inaccettabile e ci porta solo indietro.

Hamas dovrebbe accettare la proposta quadro che abbiamo presentato come base per i colloqui di prossimità, che possiamo avviare immediatamente la prossima settimana”, scrive su X. Parole in linea con quelle di Israele che ha bollato la controproposta di Hamas come un “rifiuto” allo schema d’accordo.

La fazione palestinese, dando prova di equilibrismo diplomatico, ha risposto alla proposta di Witkoff, già accettata da Tel Aviv, annunciando semplicemente la sua disponibilità a liberare 10 ostaggi vivi e 18 corpi. Ma non in una settimana, quanto piuttosto nei 60 giorni del cessate il fuoco. E ha confermato altri paletti, come il ritiro dell’Idf dalla Striscia.

Condizioni subito bollate come irricevibili da fonti del governo Netanyahu, tra la preoccupazione dei mediatori, che si sono rimessi attorno al tavolo per convincere i capi della Striscia ad ammorbidire le loro richieste. Venerdì sera Donald Trump aveva detto di aspettarsi buone notizie nell’arco di 48 ore, facendo intendere che le ultime resistenze di Hamas fossero state superate.

La risposta palestinese al piano Usa è effettivamente arrivata, ma non ha sciolto i nodi. In un comunicato, il movimento ha accettato in linea di principio uno nuovo scambio di prigionieri, specificando allo stesso tempo che l’orizzonte di un accordo con Israele deve essere più ampio rispetto a una tregua temporanea. La fazione che comanda la Striscia chiede garanzie su un “cessate il fuoco permanente, un ritiro completo dalla Striscia e il flusso di aiuti al nostro popolo”.

Tutte questioni, soprattutto lo stop completo delle ostilità e il ritiro israeliano, che non sono affrontate nel piano Witkoff. Altro tema su cui le prospettive divergono è quello della tempistica del rilascio degli ostaggi. Americani e israeliani chiedono che la partita si chiuda nell’arco della prima settimana del cessate il fuoco, mentre invece Hamas avrebbe in mente 5 fasi: 4 ostaggi vivi il primo giorno della tregua, altri 2 il trentesimo giorno e altri 4 l’ultimo giorno dell’accordo, il 60esimo. E i corpi dei rapiti morti il trentesimo e il cinquantesimo giorno.

Per impedire a Netanyahu di abbandonare i colloqui sulla fine della guerra subito dopo il ritorno a casa dei rapiti. Fonti di Hamas hanno spiegato alla stampa internazionale che nella sostanza la risposta al piano americano è stata positiva, ma la reazione israeliana è stata di segno opposto: un funzionario dell’esecutivo ha parlato di “rifiuto effettivo” da parte del gruppo palestinese. Lo Stato ebraico resta fermo nella sua indisponibilità a fare ulteriori concessioni. E se Hamas non accetta l’intero pacchetto Witkoff sarà “annientata”, ha avvertito il ministro della Difesa Katz. 

Per dare forza a questo aut aut, le forze armate hanno continuato a bombardare Gaza, da nord a sud, a caccia di postazioni di miliziani. Secondo le autorità sanitarie gestite da Hamas, in 24 ore i raid hanno provocato almeno 60 morti. 

A Gaza City, in particolare, avrebbe perso la vita un’intera famiglia: una coppia con tre bambini, che si trovavano in una tenda di profughi presso una moschea. 

Le forze israeliane hanno anche aperto il fuoco nei pressi di un centro di aiuti umanitari a Rafah, nel sud di Gaza, uccidendo almeno 22 palestinesi. Lo riferisce l’emittente Al Jazeera, citando fonti locali. Oltre 115 persone sono rimaste ferite nell’attacco.
 “Le uccisioni riflettono la natura di queste aree come trappole mortali di massa, non come punti di soccorso umanitario. Ciò che sta accadendo è un uso sistematico e doloso degli aiuti come strumento di guerra”, ha scritto il governo di Gaza, come riporta Al Jazeera.