Dylan Voller, già criminale giovanile ed ex detenuto in uno dei carceri miniorili del Northern Territory, aveva espresso tramite il suo legale la volontà di querelare presso la Supreme Court del NSW un certo numero di gruppi editoriali per presunti commenti diffamatori della sua persona comparsi sulle loro pagine Facebook.

L’azione legale era stata sospesa da un contenzioso aperto dalle testate, che contestavano il fatto che i media portino la responsabilità editoriale del contenuto dei commenti.

Oggi la High Court ha stabilito che, gestendo le pagine Facebook, i gruppi editoriali condividono la comunicazione di qualsivoglia material (in questo caso specifico ritenuto diffamatorio) pubblicato da terzi, divenendo, quindi, responsabili dei commenti stessi.

Tale verdetto apre a Voller la strada per proseguire la sua causa di diffamazione nei confronti di alcune delle maggiori compagnie editoriali del Paese.

Il caso di Dylan Voller era approdato all’attenzione del pubblico quando il programma Four Corners (ABC) aveva mandato in onda le immagini del trattamento che gli era stato riservato in un carcere minorile del NT. Il filmato lo mostrava legato ed incappucciato ad una sedia quale conseguenza punitiva di una violazione dei regolamenti.

Diverse testate avevano pubblicato sulle loro pagine Facebook il filmato e molti commenti negativi erano stati lasciati dagli utenti. Su tali basi Voller era stato consigliato di trascinare in tribunale i titolari delle pagine Facebook in questione.

Oggi, la High Court ha respinto l’obiezione avanzata dai legali dei gruppi editoriali, stando alla quale per diventarne editore (responsabile) una testata deve essere a conoscenza dei contenuti ritenuti diffamatori e mostrare l’intenzione di volerli veicolare.

I giudici hanno stabilito che, avendo creato una pagina Facebook di pubblico accesso ed avendo pubblicato contenuti giornalistici, le testate hanno facilitato, incoraggiato e quindi assistito la pubblicazione di commenti da parte di utenti terzi di Facebook, divenendo, di conseguenza, editori (responsabili) di tali commenti.

Il legali di Voller hanno reso nota la soddisfazione del loro assistito per la sentenza emessa e per le implicazioni di ampia portata ad essa connesse: “Questa decisione ha riposizionato la responsabilità là dove dovrebbe essere, vale a dire sui mezzi di informazione dalle enormi risorse, (da impiegare) per monitorare i commenti pubblici in circostanze nelle quali si rendano conto che esiste un’alta probabilità che un individuo venga diffamato.”

I legali delle testate coinvolte hanno giocato invano la carta della involontarietà e della estrainetà alla pubblicazione di un commento scritto da un utente, adducendo, inoltre, il fatto che ai tempi Facebook non aveva ancora reso disponibile l’opzione di disattivazione dei commenti degli utenti.