TEGUCIGALPA - L’Honduras non ha ancora un presidente eletto a oltre due settimane dalle elezioni generali del 30 novembre.
Il processo di scrutinio resta bloccato, alimentando proteste di piazza, accuse di frode elettorale e un clima di forte tensione politica e istituzionale.
Lunedì, sostenitori del partito di governo Libertad y Refundación (Libre) hanno bloccato l’uscita dell’autostrada che collega la capitale Tegucigalpa alla regione centrale del Paese e alla città di San Pedro Sula. I manifestanti denunciano irregolarità nel conteggio dei voti e sostengono che la volontà popolare espressa nelle urne non sia stata rispettata.
Il riconteggio delle schede elettorali contestate è paralizzato dalle divisioni interne alla Commissione nazionale elettorale (Cne), in disaccordo sul metodo da adottare per lo scrutinio speciale.
Secondo la presidente del Cne, Ana Paola Hall, le operazioni non sono potute iniziare, perché i rappresentanti accreditati dai partiti politici si sono rifiutati di integrare le Giunte Speciali incaricate del riconteggio.
Hall ha definito la situazione un “inaccettabile attentato alla democrazia” e ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché documenti quanto sta accadendo nel Paese. Ha inoltre chiesto l’assistenza del capo di Stato Maggiore Congiunto per garantire la sicurezza del personale elettorale e la tutela della documentazione relativa alle elezioni.
In questo contesto di stallo, la missione di osservazione dell’Organizzazione degli Stati americani (Oea) ha sollecitato le autorità honduregne a riprendere il riconteggio “con effetto immediato”.
Secondo i risultati preliminari, fortemente contestati, il candidato conservatore del Partito Nazionale, Nasry Asfura, sostenuto dal presidente statunitense Donald Trump, sarebbe in testa con il 40,54% dei voti. Tuttavia, il margine sul candidato centrista del Partito Liberale, Salvador Nasralla, fermo al 39,19%, è di appena 42 mila voti.
Nel pieno dell’incertezza, la presidente uscente dell’Honduras Xiomara Castro ha lanciato una grave accusa contro l’ex presidente Juan Orlando Hernández, recentemente graziato negli Stati Uniti da Donald Trump. In un messaggio pubblicato su X, Castro ha affermato che Hernández starebbe pianificando il suo rientro nel Paese per proclamare il vincitore delle elezioni e promuovere un colpo di Stato contro il suo governo, citando presunte informazioni di intelligence, senza però fornire prove concrete.
“La situazione è estremamente grave”, ha scritto la presidente, invitando la popolazione, i movimenti sociali e la cittadinanza a mobilitarsi “in modo urgente e pacifico” a Tegucigalpa per difendere il mandato popolare e respingere qualsiasi tentativo golpista.
La replica di Hernández non si è fatta attendere. Sempre su X, l’ex mandatario ha definito le accuse “completamente false”, negando l’esistenza di qualsiasi piano di rientro o di rottura dell’ordine costituzionale. Secondo Hernández, le dichiarazioni di Castro mirano a “seminare panico, distogliere l’attenzione e generare caos”, accusando il governo e il partito Libre di usare il suo nome come capro espiatorio per mascherare il proprio fallimento politico.
Hernández ha invitato la popolazione a concentrarsi sullo scrutinio speciale e ad attendere la proclamazione ufficiale dei risultati da parte del Cne. Ha inoltre dichiarato di avere informazioni su un presunto piano per attentare alla sua vita e a quella dei suoi familiari, attribuendo ogni eventuale responsabilità ai vertici dell’attuale governo.
L’ex presidente honduregno era stato condannato lo scorso anno negli Stati Uniti a 45 anni di carcere e a una multa di 8 milioni di dollari per reati legati al narcotraffico. Pochi giorni prima delle elezioni di novembre, Donald Trump aveva annunciato la sua grazia, formalizzata il 1° dicembre.
Hernández è stato rilasciato dal carcere, ma si trova ancora negli Stati Uniti. Rimane incerto se farà ritorno in Honduras, dove pende nei suoi confronti un mandato di cattura.