SYDNEY - Un attacco al governo Albanese, quello di Jonh Howard, che ha affermato che il rinnovato dibattito sull’inasprimento delle leggi sulle armi, dopo l’attacco terroristico di Bondi, rappresenti un tentativo di deviare l’attenzione da un fallimento ben più grave: la risposta all’antisemitismo in Australia.

Ospite di Sky News, Howard ha accusato l’esecutivo di non aver agito con decisione nei mesi precedenti l’attentato.

Al centro delle critiche c’è il mancato riscontro formale, a sei mesi dalla consegna, al rapporto della rappresentante speciale Jillian Segal sulle strategie per contrastare l’antisemitismo. “Gli australiani non sono stupidi. Sanno riconoscere quando vengono presi in giro con parole vuote”, ha dichiarato Howard, aggiungendo che il primo ministro ha “deluso la comunità ebraica”.

Secondo l’ex leader liberale, l’insistenza sulla riforma delle armi rischia di diventare un diversivo politico. “Non si possono legiferare i cuori delle persone”, ha detto, sottolineando che la comunità ebraica chiede una leadership capace non solo di pronunciare le parole giuste, ma di dimostrare coerenza e determinazione. Howard ha comunque precisato di non voler mettere in discussione il carattere personale di Anthony Albanese, pur ribadendo la sua delusione per l’assenza di azioni concrete.

Howard, noto a livello internazionale per la risposta rapida e incisiva alla strage di Port Arthur del 1996, ha ricordato come allora furono necessari appena 12 giorni per rivedere radicalmente la normativa sulle armi, nonostante forti resistenze interne al suo stesso governo. Oggi, però, il contesto è diverso. L’ex primo ministro ha detto di essere favorevole a un rafforzamento delle leggi “laddove abbia senso”, ma ha avvertito che il problema emerso a Bondi non riguarda le regole sulle armi.

A suo giudizio, la vera debolezza è stata la gestione dell’antisemitismo dopo il 7 ottobre 2023. Howard ha sostenuto che un intervento immediato e visibile, come la convocazione di una riunione straordinaria del gabinetto intergovernativo, avrebbe potuto inviare un segnale chiaro e prevenire tensioni successive, incluse manifestazioni controverse come quella tenuta davanti all’Opera House.

Le sue parole vengono pronunciate mentre il dibattito politico si sta accendendo. I dati storici mostrano che, nel decennio successivo alle riforme di Port Arthur, l’Australia non ha registrato sparatorie di massa fatali e ha visto un calo delle vittime da armi da fuoco.

Nonostante ciò, l’opposizione rimane cauta. La leader liberale Sussan Ley ha evitato di esprimersi su ulteriori restrizioni, mentre il leader dei Nazionali David Littleproud ha difeso il sistema di licenze esistente, avanzando dubbi sul perché armi legalmente detenute non siano state ritirate in tempo.