ROMA - Il conducente del Tir, appena sbarcato al porto di Civitavecchia, aveva denunciato un carico di pane. Ma nascosti nei porta bancali laterali, invece di panini e filoni, c’erano 467 chili di hashish confezionati in panetti intrisi di benzina. Espediente ingegnoso ma non sufficiente a ingannare il fiuto di Bacca.
Il corriere aveva stipato droga per mezzo milione di euro nel doppiofondo, con apertura elettronica, della sua auto. Ma una volta arrivato in città ha attirato i sospetti di Maya. Puntualmente confermati dalla successiva sosta in carrozzeria. Troppo acre per Aron l’odore proveniente da quel garage: una rapida ispezione e il locale si è rivelato essere in realtà un “deposito” di cocaina, marijuana e funghi allucinogeni. Pronti per essere immessi sul mercato.
Bacca, Maya, Aron, sono solo tre delle decine di cani che la Guardia di finanza impiega nella sua lotta quotidiana al traffico di sostanze stupefacenti. E gli interventi ricordati sono solo alcuni tra i più recenti delle centinaia fatti ogni anno.
“Un aiuto prezioso, in sostanza insostituibile” ha spiegato il luogotenente delle fiamme gialle Giuseppe Massimiliano Bellini, istruttore cinofilo presso il Gruppo Fiumicino Aeroporto. Veri e propri investigatori a quattro zampe, arruolati nel Corpo a partire dal 1952. Settanta anni fa esatti. “I primi cani vennero impiegati contro il contrabbando - ha raccontato Bellini - specie nelle zone di frontiera del nord, laddove gli ‘spalloni’ facevano su e giù con le loro merci stipate nei cesti di paglia intrecciata da portare in spalla”.
I cani erano usati per lo più in funzione deterrente, perché quando li vedevano arrivare gli spalloni si disfacevano del carico. Ma è all’inizio degli anni ‘70, con la crescente diffusione delle sostanze stupefacenti, che gli scenari cambiano e un’aliquota di istruttori cinofili va negli Stati Uniti per apprendere le tecniche della polizia doganale. Non ci vuole molto per mutare il quadro e invertire la tendenza: “Da tempo ormai sono tantissime le polizie straniere, europee e non, che studiano e adottano i nostri sistemi e sono nostre ospiti nel nostro Centro d’addestramento. Per inciso: l’unico di questo tipo, e di questa importanza, di proprietà esclusiva di una polizia europea.
A proposito di addestramento, nessuna costrizione, nessun lavoro coatto, tutto si basa sul concetto di gioco. Avete presente la classica pallina da tennis che usiamo con il cane di casa? Con il futuro cane antidroga funziona allo stesso modo, l’istruttore fa leva sul suo istinto predatorio e lo abitua a “cacciare’ un manicotto di spugna e a fare di tutto per trovarlo, o trovare quello che contiene, e ottenere il premio di turno. Quella spugna, nel progredire del training, sarà impregnata di odori, prima quelli molto forti di droghe leggere come marijuana e hashish, poi quelli molto più difficili da riconoscere di cocaina ed eroina.