“...noi vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione...”
Ricordate il famosissimo film “Totò, Peppino e la Malafemmina” dove Totò e Peppino De Filippo impersonano i fratelli Capone “che siamo noi...”? Arrivano a Milano e chiedono informazioni al vigile? In quella pellicola passata alla storia per la scena della lettera dettata da Totò a Peppino (scena fra l’altro tutta improvvisata) c’è un altro particolare indimenticabile: i fratelli Capone nascondono i soldi sotto una mattonella. Usanza tutta italiana nell’epoca post guerra. Ebbene, fate conto che Totò quei soldi non li abbia mai presi e Peppino li abbia dimenticati lì per anni. Fate conto che la casa dei fratelli Capone non sia in un paesino del Sud di quell’Italia povera ma bella, ma nella famosa Gold Coast, nel Queensland.
Cosa accadrebbe se a un certo punto una ditta di demolizioni si presentasse e iniziasse degli scavi? Troverebbe i soldi. Già. Ed è proprio quello che è successo. Due operai hanno trovato una borsa con mezzo milione di dollari in contanti in una proprietà della Gold Coast. Ma questo è solo l’inizio della storia perché, consegnata la borsa alla polizia, non potendo nessuno presentarsi provando di esserne il legittimo proprietario, è inizia una disputa. Non tra i fratelli Capone, ma fra tre parti differenti. Hanno reclamato la borsa con i soldi: gli operai perché li hanno trovati, la società costruttrice perché proprietaria del terreno, e il figlio del vecchio proprietario che sostiene che il papà abbia seppellito lì i soldi nell’intento di non pagare le tasse.
Chi ha ragione? Ognuno, a modo suo, non ha tutti i torti. Così si è arrivati in tribunale. La ditta di demolizione dicendo che il costruttore li aveva incaricati di distruggere ciò che c’era sulla proprietà e di portar via tutto in modo da lasciare il campo vuoto e pulito. Il costruttore, ribadendo che una borsa con i soldi non è certo considerata bene da distruggere, né tantomeno da portare via in maniera gratuita, come se nulla fosse. E che, in quanto proprietario del suolo, il tesoro deve essere suo. Il terzo incomodo, beh… la borsa era pur sempre del padre. E quindi parte dell’eredità che gli era stata lasciata alla sua morte. Diciamo una parte nascosta a lui e al fisco, ma pur sempre sua.
Come è finita la vicenda? È finita che telecamere e giornalisti che aspettavano con ansia la ricostruzione della storia nell’aula di tribunale sono rimasti delusi. I tre fratelli Capone, “che sono loro”, hanno pensato che tutto sommato il tesoro potesse essere diviso invece di passare chissà quanto tempo in chiacchiere e cavilli giuridici dove tutti rischiavano di perdere e nessuno era sicuro di vincere. Hanno diviso in parti uguali? Chissà. Questa è una notizia riservata. Ma sembra che la storia sia finita con il più classico dei lieto fine… una pietra nella finestra di Mezzacapa …