ROMA - Le 90 utenze in Europa (sette in Italia) cui Meta ha notificato di essere state bersaglio dello spyware di Paragon sono “probabilmente solo una frazione del numero totale di casi”. E in quelli emersi, “c’è un modello preoccupante e familiare”: si prendono di mira “gruppi per i diritti umani, critici del governo e giornalisti”. Lo evidenzia il rapporto pubblicato da The Citizen Lab, team dell’Università di Toronto che ha svolto analisi forensi sui telefoni del direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, del fondatore di Mediterranea, Luca Casarini, dell’armatore Beppe Caccia e dell’attivista David Yambio. I mandanti rimangono avvolti nell’ombra, ma l’indagine prosegue.
“Adesso - attacca la Ong - disponiamo del riconoscimento legale dello spionaggio ai nostri danni. Consegneremo tutto alle cinque Procure che stanno indagando e alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Invieremo il report anche alla Corte penale internazionale: dietro questo caso c’è la situazione libica e i rapporti tra servizi segreti”. Paragon si difende parlando di “numerose inesattezze” nel rapporto e sottolineando il suo impegno a “mantenere la riservatezza” sulle operazioni dei propri clienti, assicurandosi “al contempo che siano agenzie opportunamente controllate”.
Una sezione dello studio, chiamata “The Italian Connection”, dà conto dei risultati dell’analisi forense svolta sui cellulari di Cancellato, Caccia e Casarini, definito “amico personale di papa Francesco”. E l’opposizione attacca. Il rapporto, per Raffaella Paita (Iv), “è la conferma di una vicenda grave e di ampie proporzioni che esige un chiarimento a fondo del governo che ancora non è avvenuto”. Peppe De Cristofaro (Avs) lamenta che “questa vicenda gravissima rimane senza mandanti e, soprattutto, chiusa nelle stanze del Copasir dove tutto è coperto da segreto. E dove non sono rappresentate tutte le forze presenti in Parlamento”.
Proprio il Copasir nei giorni scorsi ha ascoltato per tre ore in audizione i rappresentanti italiani di Meta, che hanno riferito i passi compiuti con l’allertamento dei target dello spyware, la chiusura del “buco” che consentiva l’intrusione e la diffida a Paragon a interrompere l’attività ritenuta illecita. Intanto, le Procure di Palermo, Roma, Napoli, Bologna e Venezia, coordinate dalla Dna, proseguono le loro indagini in seguito agli esposti presentati dagli italiani spiati, tra i quali c’è anche il cappellano di Mediterranea, don Mattia Ferrari.